Cass. III, ord., 11 ottobre 2024, n. 26521

Massima In caso di azione ex art. 2051 c.c. esperita da un condomino in relazione a danni alla sua proprietà individuale che originino da parti comuni, la domanda risarcitoria può essere proposta, ex art. 2055 c.c., nei riguardi di un singolo condomino e non necessariamente dell'intero condominio. Nota Il caso Gli attori adivano l'autorità giudiziaria affinché fosse accertata e dichiarata la responsabilità della condomina (Azienda  Unità  Sanitaria  Locale), ex art.  2051  c.c.  ed  in  via  concorrente o alternativa ex art. 2043 c.c., nella causazione del danno, patrimoniale e non, patito a seguito delle consistenti infiltrazioni di acqua nell'immobile di loro proprietà, adibito allo svolgimento di attività commerciale nel settore dell'abbigliamento. Assumevano, infatti, che il fenomeno infiltrativo traeva origine delle condizioni di fatiscenza dell'immobile soprastante e, comunque, dalle parti dell'edificio nella materiale ed esclusiva disponibilità della dell'Ente convenuto. L'AUSL, infatti, proprietaria esclusiva del sottotetto, aveva il possesso esclusivo della porzione dello stesso sovrastante gli immobili degli attori, nella quale porzione era unicamente sorvegliabile lo stato delle travi ivi ubicate. Costituitasi in giudizio, parte convenuta, contestava la domanda, eccependo che legittimato passivo sarebbe stato “l'ente condominio”. Nel giudizio di primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda risarcitoria; nel successivo giudizio, invece, la Corte territoriale riformava la sentenza di condanna, dichiarando il difetto di legittimazione passiva della parte convenuta. Avverso il provvedimento in commento, parte attrice proponeva ricorso in Cassazione, eccependo, tra i vari motivi, l'erroneità di tale decisione in violazione dell'art. 2055 c.c., disposizione in forza della quale ben può il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio. La legittimazione passiva Secondo la S.C., la legittimazione “ad causam” dal lato passivo costituisce un presupposto processuale, cioè una condizione affinché il processo possa giungere ad una decisione di merito, e consiste nella correlazione tra colui nei cui confronti è chiesta la tutela e la affermata titolarità, in capo a costui, del dovere asseritamente violato, in relazione al diritto per cui si agisce. Così, il controllo del giudice al riguardo si risolve nell'accertare se, secondo la prospettazione del rapporto controverso data dall'attore, il convenuto assuma la veste di soggetto tenuto a «subire» la pronuncia giurisdizionale. Premesso ciò, nella specie, il giudice di appello, lungi da riscontrare il difetto di corrispondenza tra il soggetto nei cui confronti era stata proposta la domanda e quello che, nella domanda stessa, era indicato come responsabile del danno, aveva escluso che la concreta titolarità del rapporto in giudizio facesse capo, appunto, alla parte convenuta, pervenendo ad una conclusione erronea. La responsabilità solidale Con il provvedimento in commento, la S.C. giunge ad una conclusione, ma senza smentire il principio generale delle Sezioni Unite n. 9148/2008 secondo cui «in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini nel caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ.». Invero, a parere della Corte di Cassazione, nel caso dei danni che originino da parti condominiali, tale espressa previsione normativa(formulazione operata precedentemente dalle Sezioni Unite) si identifica nell'art. 2055 c.c., sussistendo tre elementi (premesse storiche, ragioni sistematiche e considerazioni particolari alla fattispecie della responsabilità per danni derivanti da cose in custodia) idonei a confortare la tesi dell'applicabilità del principio di solidarietà anche in ambito condominiale. Responsabilità da custodia Con tale ragionamento, la Corte di legittimità evidenzia che la responsabilità da custodia presuppone l'individuazione di uno o più soggetti cui sia imputabile la custodia, tale soggetto non può essere identificato né nel condominio, interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi, invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni ex art. 1117 c.c. Principio di diritto In conclusione, alla luce delle considerazioni esposte, la Corte territoriale aveva errato nell'escludere la titolarità, dal lato passivo, nel rapporto controverso, della condomina AUSL, con conseguente accoglimento del motivo di ricorso. Per queste ragioni, la S.C. ha accolto il ricorso e, per l'effetto, ha cassato il provvedimento rinviando alla Corte d'appello in diversa composizione, la quale si uniformerà al seguente principio di diritto: «in caso di azione ex art. 2051 c.c. esperita da un condomino in relazione a danni alla sua proprietà individuale che originino da parti comuni, la domanda risarcitoria può essere proposta, ex art. 2055 c.c., nei riguardi di un singolo condomino e non necessariamente dell'intero condominio».

SENTENZA     …omissis…
      1. Questa Corte, infatti, con riferimento all'azione risarcitoria per danni da cosa in custodia di proprietà condominiale, ha ritenuto applicabile la regola della responsabilità solidale ex art. 2055, comma 1, cod. civ., individuando nei singoli condomini, e non nel condominio, i soggetti solidalmente responsabili (Cass. Sez. 2, sent. 29 gennaio 2015, n. 1674, Rv. 634159-01) e, quindi, titolari dal lato passivo del rapporto fatto valere in giudizio dal danneggiato.
In particolare, nel caso sottoposto a questa Corte ed oggetto dell'arresto appena menzionato, è stata ritenuta erronea l'affermazione del giudice di merito, il quale aveva escluso la solidarietà sul rilievo che “nella disciplina positiva del condominio” vi sarebbe sempre “un collegamento immediato tra le obbligazioni e le quote che esprimono la proprietà” (qualunque sia il titolo dell'obbligazione), per cui, “secondo il combinato disposto degli arti 1118 e 1123 cod. civ. i diritti e le obbligazioni dei condomini sono proporzionati al valore del bene in proprietà solitaria, sicché all'adempimento delle obbligazioni i condomini sono tenuti sempre in proporzione alle rispettive quote”. Questa Corte, tuttavia, è giunta all'opposta conclusione senza smentire il principio generale – da essa precedentemente enunciato, nella sua più autorevole composizione – secondo cui, “in difetto di un'espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, la responsabilità dei condomini nel caso di obbligazioni pecuniarie è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 cod. civ.” (Cass. Sez. Un, sent. 8 aprile 2008, n. 9148, Rv. 602479-01). Nondimeno, nel caso dei danni che originino da parti condominiali, tale “espressa previsione normativa” – ha affermato questo giudice di legittimità – si identifica nell'art. 2055 cod. civ., sussistendo tre elementi (che questa Corte individua in “premesse storiche, ragioni sistematiche e considerazioni particolari alla fattispecie della responsabilità per danni derivanti da cose in custodia”) idonei a confortare “la tesi dell'applicabilità” del principio di solidarietà “anche in ambito condominiale” (Cass. Sez. 2, sent. n. 1674 del 2015, cit.). Sul piano storico si è rilevato, infatti, che già nel codice civile 1865 (che pure, come tutti i codici liberali dell'800, richiedeva una specifica fonte convenzionale o legale della solidarietà, essendo ispirato al favor debitoris; cfr. art. 1188), “la previsione della solidarietà passiva nelle ipotesi di delitto o quasi-delitto” (cfr. art. 1156) “impediva che l'opposto principio della parziarietà dell'obbligazione, concepito come una sorta di beneficio, potesse operare anche a vantaggio di chi, essendo autore di un illecito aquiliano, non ne era ritenuto degno”. A maggior ragione, dunque, nel codice del 1942, la regola dell'attuazione solidale dell'obbligazione risarcitoria da fatto illecito – sancita dall'art. 2055 cod. civ. – è destinata a ricevere applicazione generalizzata, giacché essa è “mera norma di rimando all'art. 1294 cod. civ.” (così, nuovamente, Cass. Sez. 2, sent. n. 1674 del 2015, cit.). A quello storico, questa Corte ha fatto seguire, poi, un argomento di natura sistematica, ovvero che l'applicabilità dell'art. 2055 cod. civ. realizza, anche in questo caso, la sua funzione tipica, quella di operare “un rafforzamento del credito evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota)”, coerente con il fatto che il condomino danneggiato si pone “quale terzo rispetto allo stesso condominio cui è ascrivibile il danno stesso (con conseguente inapplicabilità dell'art. 1227, comma 1, cod. civ.)”, non potendo ritenersi soggetto che abbia “concorso a cagionare il danno” (cfr., ancora una volta, Cass. Sez. 2, sent. n. 1674 del 2015, cit.). Infine, il terzo argomento fa leva sulle caratteristiche intrinseche della responsabilità per danni prevista dall'art. 2051 cod. civ., giacché essa presuppone l'individuazione di uno o più soggetti cui sia imputabile la custodia, tale soggetto non potendo “essere identificato né nel condominio, interfaccia idoneo a rendere il danneggiato terzo rispetto agli altri condomini, ma pur sempre ente di sola gestione di beni comuni, né nel suo amministratore, essendo questi un mandatario dei condomini. Solo questi ultimi, invece, possono considerarsi investiti del governo della cosa, in base ad una disponibilità di fatto e ad un potere di diritto che deriva loro dalla proprietà piena sui beni comuni ex art. 1117 cod. civ.” (così, testualmente, Cass. Sez. 2, sent. n. 1674 del 2015, cit.).
      1. Orbene, sulla base di tali considerazioni, deve ritenersi che la Corte territoriale abbia errato nell'escludere la titolarità, dal lato passivo, nel rapporto controverso, della condomina AUSL Umbria 2, con conseguente accoglimento del primo motivo di ricorso.
8.2. I motivi secondo e terzo sono assorbiti dall'accoglimento del primo. 9. In conclusione, il primo motivo di ricorso va accolto e la sentenza impugnata cassata in relazione, con rinvio alla Corte d'appello di Perugia, in diversa composizione, per la decisione sul merito e sulle spese, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla stregua del seguente principio di diritto: “in caso di azione ex art. 2051 cod. civ. esperita da un condomino in relazione a danni alla sua proprietà individuale che originino da parti comuni, la domanda risarcitoria può essere proposta, ex art. 2055 cod. civ., nei riguardi di un singolo condomino e non necessariamente dell'intero condominio …omissis…