Corte Giust. U.E., Sez. V, 6 giugno 2024, in causa C-547/22

L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 6 giugno 2024 «Rinvio pregiudiziale – Procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) – Risarcimento danni concesso a un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici – Portata – Perdita di un’opportunità» Nella causa C-547/22, avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Okresný súd Bratislava II (Tribunale circoscrizionale, Bratislava II, Slovacchia), con decisione del 22 luglio 2022, pervenuta in cancelleria il 17 agosto 2022, nel procedimento INGSTEEL spol. s r. o. contro Úrad pre verejné obstarávanie, LA CORTE (Quinta Sezione), composta da E. Regan, presidente di sezione, Z. Csehi, M. Ilešič, I. Jarukaitis e D. Gratsias (relatore), giudici, avvocato generale: A.M. Collins cancelliere: C. Strömholm, amministratrice vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 settembre 2023, considerate le osservazioni presentate:
  • per l’Úrad pre verejné obstarávanie, da V. Országhová;
  • per il governo slovacco, da E.V. Larišová e S. Ondrášiková, in qualità di agenti;
  • per il governo ceco, da L. Halajová, M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;
  • per il governo francese, da R. Bénard e A. Daniel, in qualità di agenti;
 
  • per il governo austriaco, da J. Schmoll, M. Fruhmann e M. Winkler-Unger, in qualità di agenti;
  • per la Commissione europea, da G. Gattinara, R. Lindenthal e G. Wils, in qualità di agenti, sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 7 dicembre 2023,
ha pronunciato la seguente   Sentenza
  1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 2, paragrafi 6 e 7, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (GU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»).
  2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la INGSTEEL spol. s r. o. e la Repubblica slovacca, rappresentata dall’Úrad pre verejné obstarávanie (Autorità per gli appalti pubblici, Slovacchia), in merito a un ricorso per risarcimento proposto da detta società a seguito dell’illegittima esclusione del consorzio di cui essa era membro (in prosieguo: il «consorzio offerente») da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico indetta dallo Slovenský futbalový zväz (Federazione calcistica slovacca; in prosieguo: l’«amministrazione aggiudicatrice»).
  Contesto normativo   Diritto dell’Unione   Direttiva 89/665
  1. Il sesto considerando della direttiva 89/665 recita:
«considerando la necessità di garantire in tutti gli Stati membri procedure adeguate che permettano l’annullamento delle decisioni illegittime e l’indennizzo delle persone lese da una violazione».
  1. L’articolo 1 di detta direttiva, intitolato «Ambito di applicazione e accessibilità delle procedure di ricorso», dispone quanto segue:
«1. La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi [(GU 2004, L 134, pag. 114)], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli da 10 a 18 di tale direttiva.   (...) Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2014/18], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che tali decisioni hanno violato il diritto dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali di recepimento.
    1. Gli Stati membri garantiscono che non vi sia alcuna discriminazione tra le imprese suscettibili di far valere un pregiudizio nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto, a motivo della distinzione effettuata dalla presente direttiva tra le norme nazionali che recepiscono il diritto comunitario e le altre norme nazionali.
    2. Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.
(...)».
  1. L’articolo 2 di detta direttiva, intitolato «Requisiti per le procedure di ricorso», precisa quanto segue:
«1. Gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di:
  1. prendere con la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti cautelari intesi a riparare la violazione denunciata o ad impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dall’amministrazione aggiudicatrice;
  2. annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione;
  3. accordare un risarcimento danni ai soggetti lesi dalla violazione.
(...)
  1. Gli Stati membri possono prevedere che, se un risarcimento danni viene domandato a causa di una decisione presa illegittimamente, per prima cosa l’organo che ha la competenza necessaria a tal fine annulli la decisione contestata.
  2. Eccetto nei casi di cui agli articoli da 2 quinquies a 2 septies, gli effetti dell’esercizio dei poteri di cui al paragrafo 1 del presente articolo sul contratto stipulato in seguito all’aggiudicazione di un appalto sono determinati dal diritto nazionale.
  Inoltre, tranne che nei casi in cui una decisione debba essere annullata prima della concessione di un risarcimento danni, uno Stato membro può prevedere che, dopo la conclusione di un contratto a norma dell’articolo 1, paragrafo 5, del paragrafo 3 del presente articolo o degli articoli da 2 bis a 2 septies, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. (...)».   Direttiva 2007/66
  1. Il considerando 36 della direttiva 2007/66 recita:
«La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La presente direttiva mira in particolare a garantire il pieno rispetto del diritto ad un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, conformemente all’articolo 47, primo e secondo comma, di detta Carta».   Diritto slovacco
  1. A norma dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), dello zákon č. 514/2003 Z. z. o zodpovednosti za škodu spôsobenú pri výkone verejnej moci (legge n. 514/2003 Racc., sulla responsabilità per i danni causati nell’esercizio di pubblici poteri), del 28 ottobre 2003 (Zbierka zákonov, n. 215, 2003, pag. 3966), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 514/2003»), lo Stato è responsabile del danno causato da una decisione illegittima adottata dagli organi pubblici nell’ambito dell’esercizio di pubblici poteri.
  2. Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, di tale legge, la parte nel procedimento che ha subito un danno a causa di una decisione illegittima emessa in tale procedimento ha diritto al risarcimento di tale danno.
  3. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di detta legge, tale diritto al risarcimento può essere fatto valere solo se la decisione è stata annullata o riformata, a motivo della sua illegittimità, dall’organo competente. Il giudice che statuisce sul risarcimento di un siffatto danno è vincolato dalla decisione di tale organo.
  4. Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della medesima legge, il diritto al risarcimento del danno causato da un procedimento amministrativo irregolare deve essere oggetto di un esame preliminare sulla base di apposita domanda scritta della parte lesa presso l’organo competente.
  5. Dall’articolo 16, paragrafo 4, della legge n. 514/2003 risulta, da un lato, che, se detto organo non accoglie tale domanda o se informa per iscritto la parte lesa che non la accoglierà, tale parte può adire un organo giurisdizionale affinché quest’ultimo statuisca su detta domanda e, dall’altro lato, che, nell’ambito della sua azione giudiziaria, detta parte può pretendere un risarcimento solo nei limiti della domanda e del diritto che sono stati oggetto dell’esame preliminare.
  6. L’articolo 17, paragrafo 1, di tale legge prevede un indennizzo per i danni effettivi e il lucro cessante, salva normativa speciale contraria.
  Procedimento principale e questioni pregiudiziali
  1. Con bando pubblicato il 16 novembre 2013, l’amministrazione aggiudicatrice ha indetto una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto lavori di ricostruzione, di ammodernamento e di costruzione di sedici stadi di calcio. Il consorzio offerente ha partecipato alla gara.
  2. Ritenendo che tale consorzio non soddisfacesse i requisiti del bando quanto in particolare alla sua capacità economica e finanziaria, l’amministrazione aggiudicatrice ha deciso di escluderlo dall’appalto di cui trattasi. Tale decisione di esclusione è stata confermata da una decisione della parte convenuta nel procedimento principale del 9 maggio 2014, poi da una decisione del suo Consiglio superiore del 7 luglio 2014. Poiché il Krajský súd v Bratislave (Corte regionale di Bratislava, Slovacchia) ha respinto il ricorso avverso quest’ultima decisione con sentenza del 13 gennaio 2015, il consorzio ha adito il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) con un ricorso avverso tale sentenza.
  3. Adita la Corte in via pregiudiziale con la domanda di pronuncia pregiudiziale sfociata nella sentenza del 13 luglio 2017, Ingsteel e Metrostav (C-76/16, EU:C:2017:549), il Najvyšší súd Slovenskej republiky (Corte suprema della Repubblica slovacca) ha annullato tali decisioni del 9 maggio e del 7 luglio 2014. Il 3 aprile 2018, la parte convenuta nel procedimento principale ha adottato una nuova decisione che ingiungeva all’amministrazione aggiudicatrice di annullare l’esclusione del consorzio offerente dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico in questione.
  4. Poiché tale procedura si era nel frattempo conclusa con la stipulazione di un accordo-quadro con l’unico offerente rimasto in gara a seguito dell’esclusione del consorzio, la ricorrente nel procedimento principale ha proposto dinanzi al giudice del rinvio, l’Okresný súd Bratislava II (Tribunale circoscrizionale, Bratislava II, Slovacchia), un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subito in conseguenza delle decisioni illegittime della parte convenuta nel procedimento principale e del suo Consiglio superiore.
  5. Dinanzi a tale giudice, la ricorrente nel procedimento principale allega che il danno deriva dall’illegittima esclusione del consorzio offerente dall’appalto in questione, in quanto l’offerente risultato aggiudicatario avrebbe conseguito l’appalto solo in ragione di detta esclusione. A suo avviso, in sostanza, se non fosse stato escluso dalla procedura di aggiudicazione controversa, detto consorzio avrebbe vinto l’appalto, dal momento che la sua offerta era più vantaggiosa di quella dell’offerente risultato aggiudicatario e soddisfaceva tutte le condizioni del pertinente bando di gara.
  6. Al fine di determinare l’importo del danno asseritamente subito, la ricorrente nel procedimento principale ha fatto realizzare una perizia che quantificasse il lucro cessante a titolo dell’appalto così perso. Sulla base di tale perizia, essa fa valere un mancato guadagno a titolo dell’appalto perso per un importo di EUR 819.498,10, imposta sul valore aggiunto esclusa, nonché danni materiali per un importo di EUR 2.500, corrispondenti alle spese sostenute per l’elaborazione della stessa perizia.
  7. Dinanzi al giudice del rinvio, la parte convenuta nel procedimento principale rileva che il consorzio offerente è stato escluso al termine della prima fase della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione e che la sua reintegrazione in tale procedura non avrebbe condotto automaticamente ad aggiudicargli l’appalto, dal momento che l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe dovuto valutare la sua offerta in modo più approfondito e, in particolare, determinare se il prezzo di quest’ultima non costituisse un’offerta anormalmente bassa.
  8. Peraltro, la parte convenuta nel procedimento principale considera, invocando, al riguardo, la sentenza del 17 marzo 2005, AFCon Management Consultants e a./Commissione (T-160/03, EU:T:2005:107), che la domanda della ricorrente nel procedimento principale sia puramente ipotetica. La perizia presentata da quest’ultima sarebbe fondata su dati fittizi, dato che, in particolare, la quantità di lavori di costruzione prevista dalla gara d’appalto in questione non corrisponderebbe necessariamente a quella effettuata in realtà.
  9. In tale contesto, la ricorrente nel procedimento principale osserva che una pretesa che, per ragioni oggettive, non è stabilita con certezza non può essere senz’altro qualificata come ipotetica. Contrariamente al danno reale, il lucro cessante consisterebbe non in una riduzione dei beni della parte lesa, bensì in una perdita del beneficio atteso, che deve essere ragionevolmente prevedibile, alla luce del corso normale delle cose, in assenza dell’atto illecito di cui trattasi. Per quanto riguarda la realizzazione dell’appalto pubblico, la ricorrente nel procedimento principale rileva che, se l’amministrazione aggiudicatrice bandisce una gara d’appalto, è lecito supporre che essa abbia un interesse alla sua esecuzione
  10. e che abbia intenzione di concludere un contratto con l’aggiudicatario, come sarebbe del resto avvenuto nel caso di specie, dato che l’amministrazione aggiudicatrice ha concluso un contratto con l’aggiudicatario per l’insieme dei lavori previsti dalla gara d’appalto in questione.
  11. Alla luce degli argomenti delle parti nel procedimento principale, il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità dell’articolo 17 della legge n. 514/2003 con la direttiva 89/665. Esso afferma che, nel corso del procedimento al suo cospetto, la ricorrente nel procedimento principale ha chiesto un risarcimento a titolo di una possibilità mancata facendo ricorso alla nozione di «lucro cessante» per assimilazione, in quanto la più vicina al diritto al risarcimento di un danno derivante dalla perdita di opportunità da essa fatto valere. Infatti, il diritto slovacco non distinguerebbe tra le diverse categorie di danni risarcibili, cosicché la perdita di un’opportunità rientrerebbe nella categoria del lucro cessante. La ricorrente nel procedimento principale aggiunge che la Corte ha da tempo e costantemente dichiarato che, in caso di esclusione illegittima di un offerente da una procedura di appalto pubblico, questi ha il diritto di chiedere la riparazione del danno che ha subito a titolo della perdita di opportunità, la quale non può essere assimilata ad un lucro cessante e non richiede un grado tanto elevato di probabilità di ottenere un vantaggio patrimoniale. Si tratterebbe di indennizzare un’opportunità perduta di realizzare un utile e non di indennizzare l’utile stesso.
  12. In tali circostanze, l’Okresný súd Bratislava II (Tribunale circoscrizionale, Bratislava II) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se agisca conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), in combinato disposto con i paragrafi 6 e 7 [dello stesso articolo 2] della [direttiva 89/665], il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento danni da parte di un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, qualora rifiuti di accordare un risarcimento danni a titolo della perdita di opportunità (“loss of opportunity”).   2) Se agisca conformemente all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), in combinato disposto con i paragrafi 6 e 7 [dello stesso articolo 2] della [direttiva 89/665], il giudice nazionale investito di una domanda di risarcimento danni da parte di un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, qualora non consideri come danno risarcibile il lucro cessante dovuto alla perduta opportunità di partecipare alla gara d’appalto».   Sulle questioni pregiudiziali   Sulla ricevibilità
  1. La parte convenuta nel procedimento principale contesta la ricevibilità delle questioni pregiudiziali facendo valere, in sostanza, che esse non sono pertinenti ai fini della valutazione del ricorso principale, dato che né la ricevibilità di quest’ultimo né la legittimazione ad agire della ricorrente nel procedimento principale sono state dimostrate dal giudice del rinvio. Inoltre, la Corte non sarebbe neanche competente a rispondere alle questioni pregiudiziali, in quanto, con esse, il giudice del rinvio intende, in realtà, ottenere un riesame, da parte della Corte, della controversia principale o istruzioni su come procedere nel caso in cui decidesse di non concedere un risarcimento a titolo di una perdita di opportunità.
  2. A tal riguardo si deve ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra quest’ultima e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità della futura decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 12 ottobre 2023, INTER CONSULTING, C-726/21, EU:C:2023:764, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).
  3. Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione poste dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli definisce sotto la propria responsabilità, e di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto, da parte della Corte, di statuire su una questione proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 12 ottobre 2023, INTER CONSULTING, C-726/21, EU:C:2023:764, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).
  4. Orbene, nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede alla Corte di procedere non all’applicazione, nella controversia principale, delle disposizioni del diritto dell’Unione oggetto delle questioni pregiudiziali, bensì alla loro interpretazione. Inoltre, tale giudice, che, secondo la giurisprudenza, deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale (sentenza del 13 gennaio 2022, Regione Puglia, C-110/20, EU:C:2022:5, punto 23 e giurisprudenza ivi citata), ha esposto con sufficiente chiarezza le ragioni per le quali ritiene che l’interpretazione di tali disposizioni sia necessaria per risolvere tale controversia.
 
  1. Peraltro, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza parimenti costante, sebbene possa essere vantaggioso, secondo le circostanze, che i fatti di una causa siano accertati e che i problemi di diritto nazionale siano risolti al momento del rinvio alla Corte, i giudici nazionali hanno la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implicano un’interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione che richiedono una pronuncia da parte loro (sentenza del 4 giugno 2015, Kernkraftwerke Lippe-Ems, C-5/14, EU:C:2015:354, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Pertanto, l’argomento della parte convenuta nel procedimento principale secondo cui il ricorso proposto dalla ricorrente nel procedimento principale non soddisfa le condizioni di ricevibilità previste dal diritto slovacco non può dimostrare l’irricevibilità delle questioni pregiudiziali.
  2. Occorre pertanto dichiarare che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.
  Nel merito
  1. Con le sue due questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura al fine di aggiudicarsi l’appalto.
  2. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio chiede, più specificamente, alla Corte di precisare se tale disposizione debba essere interpretata nel senso che soggetti lesi da una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici e aventi quindi diritto ad essere risarciti sono non solo i soggetti che hanno subito un danno per il fatto di non aver ottenuto un appalto pubblico, vale a dire quelli che hanno mancato un guadagno, ma anche i soggetti che hanno subito un danno in connessione all’opportunità perduta di partecipare alla procedura di aggiudicazione di tale appalto e di realizzare un utile in ragione di tale partecipazione.
  3. Secondo costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 20 aprile 2023, Digi Communications, C-329/21, EU:C:2023:303, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).
  4. Per quanto riguarda, in primo luogo, il tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665, occorre constatare che tale disposizione, formulata in modo ampio, prevede che gli Stati membri provvedano ad accordare un risarcimento danni ai soggetti lesi da una violazione del diritto dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, ciò che, in assenza di indicazioni che distinguano differenti categorie di danno, può riguardare qualsiasi tipo di danno subito da tali soggetti, compreso quello derivante dalla perdita dell’opportunità di partecipare alla procedura di aggiudicazione di un appalto.
  5. Tale constatazione è corroborata, in secondo luogo, dal contesto in cui detta disposizione si inserisce.
   
  1. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, i singoli lesi da una violazione del diritto dell’Unione imputabile a uno Stato membro hanno un diritto al risarcimento quando sono soddisfatte tre condizioni, vale a dire che la norma di diritto dell’Unione violata sia preordinata a conferire loro diritti, che la violazione di tale norma sia sufficientemente qualificata e che esista un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subito da tali soggetti (sentenza del 29 luglio 2019, Hochtief Solutions Magyarországi Fióktelepe, C-620/17, EU:C:2019:630, punto 35 e giurisprudenza ivi citata). Peraltro, la Corte ha ripetutamente dichiarato che il risarcimento dei danni causati ai singoli da violazioni del diritto dell’Unione deve essere adeguato al pregiudizio subito, nel senso che esso deve consentire, se del caso, di compensare integralmente i danni effettivamente subiti [sentenza del 28 giugno 2022, Commissione/Spagna (Violazione del diritto dell’Unione da parte del legislatore), C-278/20, EU:C:2022:503, punto 164 e giurisprudenza ivi citata]. Orbene, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 costituisce una concretizzazione di tali principi, inerenti all’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2010, Combinatie Spijker Infrabouw-De Jonge Konstruktie e a., C-568/08, EU:C:2010:751, punto 87).
  2. A tal riguardo, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665, le procedure di ricorso previste da quest’ultima devono essere accessibili almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione. Peraltro, come risulta dal considerando 36 della direttiva 2007/66, il sistema di mezzi di ricorso istituito dalla direttiva 89/665 mira a garantire il pieno rispetto del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, conformemente all’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2022, EPIC Financial Consulting, C-274/21 e C-275/21, EU:C:2022:565, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).
  3. Alcuna possibilità di limitare tale accesso è stabilita da quest’ultima direttiva. Al contrario, in forza dell’articolo 2, paragrafo 7, secondo comma, della stessa, uno Stato membro può prevedere che, dopo la conclusione di un contratto a seguito dell’aggiudicazione dell’appalto, i poteri dell’organo responsabile delle procedure di ricorso si limitino alla concessione di un risarcimento danni a qualsiasi persona lesa da una violazione. Il ricorso per risarcimento danni previsto all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della medesima direttiva è stato quindi considerato dal legislatore dell’Unione europea come il rimedio di ultimo grado, che deve restare accessibile ai soggetti lesi da una violazione del diritto dell’Unione qualora essi siano privati, di fatto, di qualsiasi possibilità di beneficiare dell’effetto utile di uno degli altri rimedi previsti da tale disposizione.
  4. È, in particolare, il caso di un offerente illegittimamente escluso che, avendo chiesto e ottenuto l’annullamento della sua esclusione da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non ha tuttavia più, a causa della chiusura di tale procedura intervenuta nel frattempo, la possibilità di beneficiare degli effetti di tale annullamento.
  5. Infatti, se è vero che un danno può risultare dal mancato ottenimento, in quanto tale, di un appalto pubblico, si deve constatare che, in un caso come quello individuato al punto precedente, è possibile che l’offerente che sia stato illegittimamente escluso subisca un danno distinto, corrispondente all’opportunità perduta di partecipare alla procedura di aggiudicazione di cui trattasi al fine di ottenere l’appalto (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2023, United Parcel Service/Commissione, C-297/22 P, EU:C:2023:1027, punto 69). Orbene, alla luce delle considerazioni esposte al punto 37 della presente sentenza, un tale danno deve poter essere risarcito ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665.
 
  1. In terzo luogo, l’interpretazione lata dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 è corroborata dall’obiettivo perseguito da tale direttiva di non escludere alcun tipo di danno dall’ambito di applicazione delle sue disposizioni.
  2. Occorre, in particolare, ricordare che, se è vero che non si può ritenere che la direttiva 89/665 proceda a un’armonizzazione completa e, pertanto, contempli l’insieme dei mezzi di ricorso possibili in materia di appalti pubblici (sentenza del 26 marzo 2020, Hungeod e a., C-496/18 e C-497/18, EU:C:2020:240, punto 73), è vero pure che, come enunciato al sesto considerando di tale direttiva, quest’ultima deriva dalla volontà del legislatore dell’Unione di garantire, in tutti gli Stati membri, procedure adeguate che permettano non solo l’annullamento delle decisioni illegittime, ma anche l’indennizzo delle persone lese da una violazione del diritto dell’Unione.
  3. Orbene, tale obiettivo sarebbe compromesso se l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 dovesse essere interpretato nel senso che esso consente di escludere per principio la possibilità, per i soggetti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, di tale direttiva, di ottenere un risarcimento per un danno che abbiano subito a causa di una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.
  4. Infatti, al pari di quanto dichiarato dalla Corte per quanto riguarda il lucro cessante, l’esclusione totale, a titolo di danno risarcibile, della perdita dell’opportunità di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico ai fini del suo conseguimento non può essere ammessa in caso di violazione del diritto dell’Unione, poiché, specialmente a proposito di controversie di ordine economico o commerciale, escludere totalmente una tale perdita di opportunità potrebbe rendere di fatto impossibile il risarcimento del danno (v., per analogia, sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame, C-46/93 e C-48/93, EU:C:1996:79, punto 87; del 13 luglio 2006, Manfredi e a., da C-295/04 a C-298/04, EU:C:2006:461, punto 96 e giurisprudenza ivi citata, e del 17 aprile 2007, AGM-COS.MET, C-470/03, EU:C:2007:213, punto 95).
  5. Pertanto, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che il risarcimento che i soggetti lesi da una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici possono chiedere ai sensi di tale disposizione può coprire il danno subito a causa di una perdita di opportunità.
  6. Occorre tuttavia rilevare che, sebbene detto articolo 2, paragrafo 1, lettera c), imponga che un risarcimento danni possa essere accordato ai soggetti lesi da una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici, in mancanza di disposizioni dell’Unione in materia spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro fissare i criteri in base ai quali il danno derivante dalla perdita di un’opportunità di partecipare a una procedura di appalto pubblico ai fini della sua aggiudicazione deve essere accertato e valutato, sempre che i principi di equivalenza e di effettività siano rispettati (v., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2010, Combinatie Spijker Infrabouw-De Jonge Konstruktie e a.,C-568/08, EU:C:2010:751, punto 90 e giurisprudenza citata).
  7. Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che l’articolo 17 della legge n. 514/2003 contempla esplicitamente, come danni risarcibili, soltanto i «danni effettivi» e il «lucro cessante». In udienza, il governo slovacco ha indicato che, secondo la giurisprudenza costante dei giudici slovacchi, un «lucro cessante» deve essere risarcito quando è altamente probabile, se non addirittura prossimo alla certezza, che, tenuto conto delle circostanze di specie, la persona interessata avrebbe realizzato un profitto. Tuttavia, facendo riferimento alla posizione della Commissione europea secondo cui i giudici slovacchi dovrebbero ricorrere a tutti i mezzi nazionali per consentire a un offerente illegittimamente escluso da un appalto pubblico di chiedere con effettività il risarcimento dei danni in ragione di un’opportunità perduta, tale governo ha dichiarato, in udienza, che nulla impedisce ad un ricorrente di avvalersi degli strumenti a sua disposizione per far valere il suo diritto e di fornire gli elementi di prova che lo suffraghino.
  8. A tal riguardo, è sufficiente quindi ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, al fine di garantire l’effettività dell’insieme delle disposizioni del diritto dell’Unione, il principio del primato impone, in particolare, ai giudici nazionali di interpretare, per quanto più possibile, il loro diritto interno in modo conforme al diritto dell’Unione (sentenza del 4 marzo 2020, Bank BGŻ BNP Paribas, C-183/18, EU:C:2020:153, punto 60 e giurisprudenza ivi citata) e che tale obbligo di interpretazione conforme impone ai giudici nazionali di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata o addirittura costante, qualora quest’ultima si basi su un’interpretazione del diritto interno incompatibile con gli obiettivi di una direttiva (v., in tal senso, sentenza del 3 giugno 2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C-726/19, EU:C:2021:439, punto 86 e giurisprudenza ivi citata).
  9. Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.
  Sulle spese
  1. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara: L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.   Guida alla lettura             Con l’esegesi in illustrazione il giudice europeo si è pronunciato, in via pregiudiziale, sull’interpretazione dell’art. 2, § 1, lett. c), della direttiva del Consiglio n. 89/665/CEE del 21/12/1989. In particolare, sui significati di ricorso efficace e di potere degli Stati membri di accordare un risarcimento danni (rectius indennizzo) alla parte lesa da una violazione, in tema di appalti pubblici.             Il fatto storico della vicenda processuale in esame trae la sua origine dall’esclusione di un operatore economico da una procedura pubblica negoziata di appalto, con decisione dell’autorità amministrativa della Repubblica slovacca, poi accertata illegittima in sede giurisdizionale di ultima istanza di questo Stato membro dell’Unione europea; ma quando il contratto era nella fase avanzata di stipula, con l’unico concorrente privato residuale, a causa dell’esclusione contestata.             Sul punto, si osserva che il nodo centrale che ha dato origine al rapporto di cooperazione tra la Corte di giustizia dell’Unione europea ed il giudice nazionale slovacco, con l’investitura pregiudiziale d’interpretazione del diritto euro-unitario di diretta competenza esclusiva del giudice europeo e per il quale lo stesso era [è] tenuto a statuire (art. 267 TFUE), si è sostanziato sulla nozione di lucro cessante; segnatamente, poiché più attinente al significato di diritto al risarcimento di un danno derivante dalla perdita di una opportunità, per l’ordinamento giuridico slovacco applicabile ratione temporis ai fatti in delibazione da parte del giudice domestico, atteso che il peculiare ordinamento giuridico della già richiamata Repubblica slovacca, non distinguendo le diverse categorie di danni risarcibili, ha condotto il medesimo giudice nazionale del caso concreto ad attrarre la perdita di una opportunità alla categoria del lucro cessante.             Al riguardo, preliminarmente, è opportuno rilevare che, nel divenire della narrazione, saranno evidenziate alcune criticità circa la non condivisione nelle tradizioni degli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea delle medesime tutele, per il tramite del lucro cessante, dell’opportunità di un mancato guadagno derivato da un illecito altrui. In Italia tale fattispecie astratta, infatti, è disciplinata dall’art. 1223 del codice civile, recante “Risarcimento del danno”, a norma del quale è previsto che: “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta”; e dall’art. 2057 sempre del codice civile, rubricato “Valutazione dei danni”, che dispone: “Il risarcimento dovuto al danneggiato si deve determinare secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227. Il lucro cessante è valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso”.             Allo stato della trattazione, pertanto, appare propizio soffermarsi brevemente sul dibattito dottrinario che nel tempo è stato affrontato dai giuristi sulla liquidazione del risarcimento del danno emergente e del lucro cessante, il quale ha intercettato pure il tema della responsabilità precontrattuale nelle sue diverse declinazioni d’interesse negativo e positivo. In tale ambito, sembrano degni di citazione i pregevoli studi, ancora attuali, della dottrina tedesca (id est Scuola dell’esegesi) sul metodo storico-naturale d’interpretazione sotto l’aspetto sistematico, teleologico e funzionale della legge (Rudolf von Jhering: teoria della culpa in contrahendo e del negatives Vertragsinteresse). Questi ultimi, difatti, hanno aperto le porte all’impostazione giurisprudenziale che mette in luce l’ipotesi di come la parte colpevole di avere causato l’invalidità del contratto non è obbligata a corrispondere l’equivalente della prestazione promessa, in quanto da un contratto nullo non sorge alcun dovere di adempimento; ma al più l’obbligo di porre l’altra parte nella identica posizione patrimoniale in cui si sarebbe trovata se non avesse stipulato il negozio. Da qui, la teoria funzionale di scopo e di utilità dell’interpretazione teleologica della legge, che, ancorché alle sue origini non fosse incentrata sulla buona fede oggettiva, ha, purtuttavia, nel tempo dato la stura all’attuale esegesi pretoria della non retribuzione né di una pena e né di una sanzione, per il tramite di una dichiarazione giurisdizionale di condanna al risarcimento del danno sia in sede civile sia in quella amministrativa. Invero, questa tesi ha dato un intenso apporto a quella che sarebbe stata successivamente la vigente interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientato del diritto sostanziale civile ed amministrativo al bene giuridico solidarietà sociale, che è presidiato, per l’ordinamento italiano, dall’art. 2 Cost., così come risulta fertilizzato dal valore oramai raggiunto di clausola generale della buona fede nei rapporti giuridici sinallagmatici (artt. 1175, 1337 e 1375 del codice civile, in relazione all’art. 1, co. 2-bis, della legge n. 241/1990), tenuto conto che la stessa tesi in questione poggia le sue basi sulla distinzione tra regole di validità e di comportamento (o di buona fede), in termini di loro non reciproca interferenza. Conseguentemente, il danno da risarcire non dovrebbe coincidere con l’interesse alla esecuzione del contratto (id est interesse positivo: Erfüllungsinteresse) bensì con l’interesse alla non conclusione dello stesso contratto (rectius interesse negativo: negatives Vertragsinteresse), perché il primo - interesse positivo - presuppone la sua validità ed il secondo - interesse negativo - inerisce all’invalidità sempre del contratto. Donde, è palmare che la premessa palesata criticità afferente alla possibile non condivisione nelle tradizioni degli ordinamenti degli Stati membri dell’Unione europea delle medesime tutele, per il tramite del lucro cessante, dell’opportunità di un mancato guadagno derivato da un illecito altrui potrebbe essere contenuta nella distinzione (condivisa anche dalla consolidata giurisprudenza nazionale italiana) tra il risarcimento da danno emergente, in funzione d’interesse negativo e nella misura in cui esso si sostanzia nelle spese che un soggetto ha effettuato nella convinzione di stipulare un negozio valido, oltre che nella perdita di offerte favorevoli, che nel frattempo la parte avrebbe potuto accettare ma che la stessa ha di fatto perso, a causa della condotta illecita della controparte; ed il lucro cessante attinto, viceversa, dall’interesse positivo concernente il risarcimento dei danni che si sarebbero evitati e dei vantaggi potenzialmente conseguibili con la stipulazione e la esecuzione del contratto, con l’acquisizione dei relativi profitti. Sennonché, tralasciando, per motivi di sinteticità, ogni ulteriore approfondimento sulle considerazioni che precedono ed intrattenute sul lucro cessante ed il danno emergente e ritornando al merito della vicenda pregiudiziale in commento, si soggiunge che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha constatato come la direttiva del Consiglio n. 89/665/CEE impone agli Stati membri, comunque, di accordare un risarcimento alle parti lese da una violazione del diritto euro-unitario, in tema di aggiudicazione di un appalto pubblico; e che la stessa direttiva riguarda qualsiasi tipo di danno subito dalle parti concorrenti, compreso quello derivante dalla perdita dell'opportunità di partecipare alla procedura di aggiudicazione di un appalto, in assenza di un dirimente dato letterale contrario dal quale si possa essere condotti ad interpretazioni difformi sulle differenti categorie di danno ammesse in ristoro. Sicché, il giudice dell’Unione europea ha rilevato come il significato di ricorso efficace può essere pacificamente ricondotto al mancato ottenimento di un appalto pubblico e quando un operatore economico offerente viene illegittimamente escluso dalla procedura concorrenziale, in quanto lo stesso subisce un danno distinto, che corrisponde all'opportunità perduta di partecipare alla procedura, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto. Tale danno, però, deve essere provato secondo la legge sostanziale e processuale dello Stato membro dell’Unione europea stessa ed in omaggio, inoltre, ai principi euro-unitari di equivalenza e di effettività. In definitiva, ciò che appare emergere dalla ermeneutica in trattazione è un approdo orientato a favorire la massima competitività, con il superamento dell’eventuale assenza od insufficienza dei mezzi di ricorso efficaci negli Stati, che possono essere considerati elementi ostativi alla competizione nella misura in cui possono persuadere gli operatori economici dal concorrere nello Stato dell’autorità aggiudicatrice interessata e ledere, pertanto, il principio di trasparenza nelle gare di appalto pubbliche, con un effetto di distorsione del mercato interno.  Per le surriferite ragioni, in conclusione, la Corte di giustizia dell’U.E. ha dichiarato che l’art. 2, § 1, lett. c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio del 21/12/1989, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11/12/2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa o ad una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto.