Cons. Stato, Sez. VI, 7 agosto 2024, n. 7020

La gratuità, che consente l’affidamento selettivo riservato ad enti non profit, deve essere intesa, secondo il Consiglio di Stato, tenendo presente che “lo svolgimento di un servizio in assenza di corrispettivo non pone in radice problemi di distorsione della concorrenza in quanto (e nei limiti in cui) si risolve in un fenomeno non economico, ossia strutturalmente al di fuori delle logiche di mercato perché incapace di essere autosufficiente mediante la copertura dei costi con i ricavi. In tal caso la gratuità assume due significati: sotto un primo profilo, la creazione di ricchezza tramite il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; sotto un secondo profilo il sostenimento eventuale di costi senza rimborso né remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale (evenienza tipica delle associazioni di volontariato, cfr art. 17 del codice del terzo settore). In tali casi si realizza la corretta fattispecie della gratuità, vale a dire un aumento patrimoniale di un soggetto, in questo caso la collettività, cui corrisponde una sola e mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, cioè il depauperamento del capitale lavoro o del patrimonio del prestatore. Per questa linea, la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore. Di conseguenza, esso non è reso dal mercato, anzi è fuori dal mercato. Viceversa, la gratuità si risolverebbe, addirittura, in concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori che in ipotesi dessero vita a un mercato di tali servizi.”. Più in dettaglio, quanto al concetto di onerosità/gratuità, il Consiglio di Stato ha ritenuto che “solo il rimborso spese a piè di lista che, in particolare, escluda la remunerazione, anche in maniera indiretta, di tutti i fattori produttivi e comprenda unicamente le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente, consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, dunque, di postulare la estraneità all’ambito del Codice dei contratti pubblici. È, in special modo, necessario che sia acclarata l’assenza di qualunque remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante, quale che ne sia la formale denominazione e qualunque sia il meccanismo economico o contabile anche indiretto, al personale volontario o dipendente e direttivo dell’ente e, altresì, che non ricorrano forme di forfetizzazione dei rimborsi né di finanziamento a fondo perduto, né di finanziamento, acquisto o contributo in conto capitale. Solo la sicura esclusione di ogni possibile ripianamento con risorse pubbliche del costo dei fattori produttivi utilizzati dall’ente e l’assenza di alcuna forma di incremento patrimoniale anche se finalizzato al servizio stesso dimostrano, infatti, l’oggettiva assenza dell’economicità e, dunque, determinano l’ascrizione del servizio entro la categoria dei servizi non economici di interesse generale, con conseguente fuoriuscita dall’ambito oggettuale del Codice dei contratti pubblici”.

N. 07020/2024REG.PROV.COLL. N. 05028/2020 REG.RIC.   IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 5028 del 2020, proposto dal Comune di Massa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesca Panesi, Manuela Pellegrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Domenico Iaria in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18; contro Xr8 di Molinari Francesco & C. Sas, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Alessandro Fontana, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; nei confronti Comunicare, Associazione Apuana Lingue Straniere, non costituita in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (Sezione Prima) n. 666/2020, resa tra le parti.   Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Xr8 di Molinari Francesco & C. Sas; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.; Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 8 maggio 2024 il Cons. Roberta Ravasio in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams”; Dato atto che nessuno è comparso per le parti costituite, che hanno depositato istanza di passaggio della causa in decisione senza discussione; Viste le conclusioni delle parti come da verbale.; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.   FATTO  1. Con determinazione dirigenziale n. 1903 del 21 agosto 2019 il Comune di Massa ha pubblicato un avviso pubblico per l’individuazione di associazioni di volontariato o di promozione sociale per l’organizzazione e gestione dei corsi comunali di lingua straniera per il biennio 2019-2021, anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021. 2. La XR8 s.a.s., odierna parte appellata, dopo aver presentato al Comune istanza in cui faceva rilevare l’illegittimità del bando, per aver ammesso a partecipare alla gara solo associazioni di volontariato, presentava domanda di partecipazione alla gara, venendone esclusa in quanto non iscritta nel registro regionale, articolazione provinciale, delle associazioni di volontariato e promozione sociale. 3. Con il ricorso introduttivo del giudizio essa Società ha quindi impugnato, avanti al Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, l’avviso pubblico, la determinazione di esclusione e graduatoria finale e la determinazione di affidare il servizio alla Comunicare Associazione Apuana Lingue Straniere. 4. L’adìto TAR ha accolto il ricorso rilevando che la clausola del bando che limitava la partecipazione alle sole associazioni di volontariato e promozione sociale non fosse conforme al dettato dell’art. 56 del D. L.vo 117/2007, così come interpretata dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato: in particolare il TAR ha ritenuto che la norma indicata, che consente l’affidamento a simili enti, richiede che il rapporto oggetto di affidamento presenti il carattere della non economicità, intesa come inidoneità del rapporto a coprire il valore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera: nel caso di specie, sebbene non sia previsto un compenso diretto per la Associazione aggiudicataria, risulta che il Comune garantisce, a titolo di rimborso spese, la remunerazione di tutti gli insegnanti impegnati nell’attività, dal che ha dedotto l’assenza, nell’affidamento oggetto di impugnazione, del carattere della non economicità, e quindi la non rispondenza di esso all’art. 56 del D. L.vo 117/2007. 5. Il Comune di Massa ha proposto appello. 6. La s.a.s. XR8 si è costituita in giudizio per resistere all’impugnazione. 7. La causa è stata chiamata all’udienza straordinaria dell’8 maggio 2024, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione. DIRITTO 8. Con il primo motivo d’appello il Comune di Massa deduce l’ultrapetizione in cui sarebbe incorso il primo giudice in ragione del fatto che le motivazioni poste a fondamento dell’appellata senza non troverebbero rispondenza nel motivo di ricorso richiamato dal TAR, ovvero il primo motivo di ricorso. 8.1. La censura è infondata poiché la dedotta non rispondenza del bando all’art. 56 del D. L.vo 117/2007 è stata comunque dedotta dalla Società ricorrente al secondo motivo del ricorso originario, laddove si deduceva che “Il Comune ha invocato l’art. 56 d. lgs. 117/2017 (codice del terzo settore) per affermare che è possibile stipulare una convenzione con associazioni di promozione sociale o di volontariato per svolgere in favore di terzi attività o servizi sociali di interesse generale. XR8 ha più volte fatto presente al Comune che non è possibile invocare l'esenzione prevista dal codice del terzo settore per l'affidamento dell’organizzazione dei corsi di lingua straniera. Infatti, l'affidamento ha ad oggetto servizi di consistente valore economico (l’esborso per il Comune è euro 191.900,00 per ciascun anno), che non rientrano nell’elenco tassativo di cui al codice medesimo; per giunta il valore dell'esborso del Comune eccede la soglia di rilevanza comunitaria in materia di appalti e il relativo avviso è stato posto in pubblicazione esclusivamente sul sito internet del Comune. In ogni caso, nell’avviso in contestazione il Comune non ha chiarito se, ed entro quali termini, l’affidamento dell’organizzazione dei corsi di lingua straniera a una associazione di volontariato o di promozione sociale garantisca condizioni “più favorevoli rispetto al ricorso al mercato”, che è il discrimine indicato dal parere del Consiglio di Stato n. 2052/2018.”. E’ dunque palese che la sentenza appellata non è incorsa in ultrapetizione, poiché la non corretta applicazione dell’art. 56 del D. L.vo 117/2007, da parte del Comune di Massa, è stata chiaramente prospettata dalla ricorrente, sebbene il TAR abbia poi arricchito la motivazione con ulteriori argomenti. 9. Qui di seguito gli ulteriori motivi d’appello che possono essere esaminati congiuntamente: - con il secondo motivo d’appello il Comune di Massa contesta, nel merito, le affermazioni del TAR, che ritiene essere in conflitto sia con le previsioni del Codice del Terzo Settore sia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia, che ritiene compatibile con l’ordinamento comunitario gli affidamenti riservati ad Associazioni del terzo settore che prevedano la remunerazione del personale ivi dedicato.: osserva al riguardo che nelle pronunce del Corte di Giustizia rese nelle cause C-113/12 e C-50/2014 si dà atto della legittimità del ricorso a prestazioni di lavoro subordinato e/o autonomo da parte degli enti in discorso. L’appellante correlativamente contesta anche l’affermazione di principio sottesa alla appellata sentenza, e cioè il fatto che il ricorso al terzo settore in materia di appalti sia limitato a servizi privi di rilevanza economica; così facendo il TAR avrebbe seguito un ragionamento tipicamente contrattual-pubblicistico sottacendo qualsiasi valutazione della dimensione collaborativa che ispira gli istituti analizzati, che rispondono ontologicamente anche ad altre regole e bisogni: il Codice del Terzo Settore, infatti, ha positivizzato a livello di fonte primaria il criterio (proprio della disciplina dei fondi strutturali UE) di riconoscibilità della spesa, ovvero dei costi reali, con il divieto di riconoscimento di costi forfettari; tra i costi rimborsabili, pertanto, rientrerebbero a pieno titolo anche quelli connessi con il legittimo impiego, entro i limiti precisati dall’art. 36, di lavoratori dipendenti; presupposto per la stipula di convenzioni con il terzo settore, quindi, sarebbe solo il fatto che le associazioni non abbiano scopo di lucro, nemmeno indiretto, e altresì che vengano rimborsate soltanto le spese effettivamente sostenute per l’attività fornita; - con il terzo motivo d’appello si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del D. L.vo 117/2007, poiché l’interpretazione di tale norma accreditata dal TAR sarebbe palemente contra legem: il TAR, eventualmente, piuttosto che annullare gli atti di affidamento, avrebbe dovuto eventualmente procedere a rinvio pregiudiziale; - con il quarto motivo si deduce l’erroneità della sentenza per violazione dell’art. 36 del D. L.vo 117/2007, illogicità e difetto di istruttoria: ciò in relazione alla circostanza che detto articolo consente alle associazioni di volontariato di assumere un numero di dipendenti non superiore al 50% dei soci e il TAR ha rilevato che “la quota ampiamente maggioritaria dei docenti impegnati nei corsi di lingua offerti dalla controinteressata” al fine di stigmatizzare l’economicità del rapporto; - con il quinto motivo l’appellante deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 56 del D. L.vo 117/2007 per non aver valutato la sussistenza del presupposto della maggiore convenienza rispetto al mercato, travisando e non considerando la produzione documentale versata in atti. 9.1. Il Collegio osserva, anzitutto, che i precedenti della Corte di Giustizia citati dal Comune appellante sono errati e del tutto inconferenti. Rileva, invece, la sentenza della CGUE pronunciata nella causa C- 50/2016, la quale si è pronunciata in merito alla possibilità di affidare servizi socio-sanitari ad associazioni di volontariato attive nel suddetto settore. Con riferimento al suddetto settore la Corte, ai punti 62 e seguenti, si è espressa come segue: “62 In secondo luogo, uno Stato membro può ritenere, nell'ambito del potere discrezionale di cui dispone per stabilire il livello di tutela della sanità pubblica e organizzare il proprio sistema di sicurezza sociale, che il ricorso alle associazioni di volontariato corrisponda alla finalità sociale di un servizio di trasporto sanitario e che sia idoneo a contribuire al controllo dei costi legati a tale servizio (v., in tal senso, sentenza Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a., C-113/13, EU:C:2014:2440, punto 59). 63 Tuttavia, un sistema di organizzazione del servizio di trasporto sanitario come quello in discussione nel procedimento principale, che consente alle amministrazioni competenti di ricorrere ad associazioni di volontariato, deve effettivamente contribuire alla finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio su cui detto sistema è basato (sentenza Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a., C-113/13, EU:C:2014:2440, punto 60). 64 A tale riguardo è necessario che, nel loro intervento in tale contesto, le associazioni di volontariato non perseguano obiettivi diversi da quelli menzionati al punto precedente della presente sentenza, che non traggano alcun profitto dalle loro prestazioni, a prescindere dal rimborso di costi variabili, fissi e durevoli nel tempo necessari per fornire le medesime, e che non procurino alcun profitto ai loro membri. Peraltro, se è ammissibile che si avvalgano di lavoratori, poiché, in caso contrario, dette associazioni sarebbero pressoché private della possibilità effettiva di agire in vari ambiti in cui il principio di solidarietà può naturalmente essere attuato, l'attività delle associazioni in parola deve rispettare rigorosamente i requisiti loro imposti dalla legislazione nazionale (sentenza Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a., C-113/13, EU:C:2014:2440, punto 61). 65 In considerazione del principio generale del diritto dell'Unione del divieto dell'abuso di diritto, l'applicazione della menzionata legislazione non può estendersi fino a ricomprendere pratiche abusive delle associazioni di volontariato o anche dei loro membri. Quindi, l'attività delle associazioni di volontariato può essere svolta da lavoratori unicamente nei limiti necessari al suo regolare funzionamento. Relativamente al rimborso dei costi occorre vegliare a che nessuno scopo di lucro, nemmeno indiretto, possa essere perseguito sotto la copertura di un'attività di volontariato, e altresì a che il volontario possa farsi rimborsare soltanto le spese effettivamente sostenute per l'attività fornita, nei limiti previamente stabiliti dalle associazioni stesse (sentenza Azienda sanitaria locale n. 5 «Spezzino» e a., C-113/13, EU:C:2014:2440, punto 62).”. 9.2. Il su riportato passaggio, che si legge nella sentenza della CGUE C- 50/2016, evidenzia che tra le condizioni di ammissibilità degli affidamenti di servizi riservati ad associazioni di volontariato debbono potersi apprezzare, oltre alla rispondenza del servizio a finalità sociali e al perseguimento di obiettivi di solidarietà ed efficienza, l’idoneità dell’affidamento a contribuire al controllo dei costi legati al servizio e quindi alla efficienza di bilancio del sistema, ed inoltre la assenza di qualsiasi scopo di lucro dell’associazione: in particolare, allo scopo di evitare eventuali abusi “l'attività delle associazioni di volontariato può essere svolta da lavoratori unicamente nei limiti necessari al suo regolare funzionamento”. I limiti cui la Corte di Giustizia ha circoscritto l’ammissibilità del ricorso dell’affidamento di appalti di servizi solo ad associazioni di volontariato rendono evidente la correttezza del parere di questo Consiglio di Stato n. 2052/2018, citato dal TAR, avente la normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali alla luce del combinato disposto del D. L.vo 50/2016 e del Codice del terzo settore (D. L.vo 117/2007). 9.2.1. Nell’indicato parere il Consiglio di Stato ha prima di tutto, richiamato il proprio precedente parere n. 1405, del 14 giugno 2017, reso sullo schema del Codice del terzo settore, laddove si faceva rilevare che la materia degli enti non profit, pur non rientrando nelle competenze della Unione Europea deve, nondimeno, rispettare la disciplina europea in materia di concorrenza (secondo quanto stabilito nella sentenza della CGUE in causa C-386/04), e che secondo la Corte di Giustizia per “impresa” deve intendersi l’organismo che «esercita un’attività economica, offrendo beni e servizi su un determinato mercato, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalità di finanziamento» (a partire quantomeno da CGCE, 23 aprile 1991, in causa C-41/90, Höfner). Nel parere n. 2052/2018 il Consiglio di Stato ha quindi rilevato che l’ascrizione, ai fini euro-unitari, della natura imprenditoriale ad ogni attività di intrinseco rilievo economico incontra le sole esclusioni esplicitamente previste dallo stesso diritto euro-unitario, che, concretando disposizioni eccezionali, sono da interpretarsi in forma tassativa: solo le attività non economiche possono ritenersi radicalmente estranee alla regolazione competitiva euro-unitaria. 9.2.2. Nel parere in esame si fa rilevare, inoltre, che le direttive appalti del 2014, a differenza delle direttive del 2004, includono espressamente i servizi sociali nel proprio ambito di applicazione, “disvelando la sottesa mens legis tesa ad un approfondimento ed avanzamento progressivo dei principi del mercato anche in un settore, quale quello de quo, prima lasciato ai decisori nazionali.”, ragione per cui l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve ritenersi di regola soggetto alla normativa pro-concorrenziale di origine europea, salvo che ricorrano alcune condizione, tra cui la circostanza che l’ente affidatario svolga il servizio a titolo integralmente gratuito. 9.2.3. La gratuità, che consente l’affidamento selettivo riservato ad enti non profit, deve essere intesa, secondo il Consiglio di Stato, tenendo presente che “lo svolgimento di un servizio in assenza di corrispettivo non pone in radice problemi di distorsione della concorrenza in quanto (e nei limiti in cui) si risolve in un fenomeno non economico, ossia strutturalmente al di fuori delle logiche di mercato perché incapace di essere auto-sufficiente mediante la copertura dei costi con i ricavi. In tal caso la gratuità assume due significati: sotto un primo profilo, la creazione di ricchezza tramite il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; sotto un secondo profilo il sostenimento eventuale di costi senza rimborso né remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale (evenienza tipica delle associazioni di volontariato, cfr art. 17 del codice del terzo settore). In tali casi si realizza la corretta fattispecie della gratuità, vale a dire un aumento patrimoniale di un soggetto, in questo caso la collettività, cui corrisponde una sola e mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, cioè il depauperamento del capitale lavoro o del patrimonio del prestatore. Per questa linea, la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore. Di conseguenza, esso non è reso dal mercato, anzi è fuori del mercato. Viceversa, la gratuità si risolverebbe, addirittura, in concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori che in ipotesi dessero vita a un mercato di tali servizi.”. 9.2.4. Più in dettaglio, quanto al concetto di onerosità/gratuità, il Consiglio di Stato ha ritenuto che “solo il rimborso spese a pie’ di lista che, in particolare, escluda la remunerazione, anche in maniera indiretta, di tutti i fattori produttivi e comprenda unicamente le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente, consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, dunque, di postulare la estraneità all’ambito del Codice dei contratti pubblici. E’, in special modo, necessario che sia acclarata l’assenza di qualunque remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante, quale che ne sia la formale denominazione e qualunque sia il meccanismo economico o contabile anche indiretto, al personale volontario o dipendente e direttivo dell’ente e, altresì, che non ricorrano forme di forfetizzazione dei rimborsi né di finanziamento a fondo perduto, né di finanziamento, acquisto o contributo in conto capitale. Solo la sicura esclusione di ogni possibile ripianamento con risorse pubbliche del costo dei fattori produttivi utilizzati dall’ente e l’assenza di alcuna forma di incremento patrimoniale anche se finalizzato al servizio stesso dimostrano, infatti, l’oggettiva assenza dell’economicità e, dunque, determinano l’ascrizione del servizio entro la categoria dei servizi non economici di interesse generale, con conseguente fuoriuscita dall’ambito oggettuale del Codice dei contratti pubblici”. 9.2.5. Tale interpretazione del concetto di gratuità/onerosità ben risponde, ad avviso del Collegio, all’esigenza di evitare l’abuso del ricorso agli affidamenti ad enti non profit, contro il quale la Corte di Giustizia ha messo in guardia con la sentenza resa nella causa C-50/2016, laddove essa evidenziava che simili affidamenti debbono rispondere anche all’esigenza di contenere i costi della finanza pubblica e, in tal modo, di mantenere l’efficienza del sistema in generale, ed anche che le associazioni di volontariato possono avvalersi di dipendenti solo “nei limiti necessari al suo regolare funzionamento”. 9.2.6. Tenuto conto di quanto già statuito dalla CGUE nella sentenza resa in causa C-50/2016, la conformità alla normativa europea del combinato disposto del D. L.vo n. 50/2016 e del D. L.vo n. 117/2007, come rinveniente dal parere reso da questo Consiglio di Stato n. 2053/2018, si impone con evidenza e tale da poter essere condivisa, ad avviso del Collegio, agli altri giudici di ultima istanza degli Stati membri nonché alla stessa Corte di Giustizia, anche per la ragione che non constano precedenti, della Corte di Giustizia, di questo Consiglio di Stato o di giudici di altri Stati membri di segno opposto. Per tale ragione il Collegio non ritiene necessario sottoporre alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea alcun quesito pregiudiziale avente ad oggetto l’indicato disposto normativo. 9.3. Ebbene, nel caso di specie si constata che il Comune di Massa è tenuto, in base alla convenzione stipulata (cfr. doc. 15, convenzione, art. 6, prodotta in appello dal Comune di Massa), al rimborso, sia pure a piè di lista, di ogni e qualsiasi spesa sostenuta dalla aggiudicataria per il suo funzionamento: in base alla convenzione è dunque previsto tutto il rimborso dei costi diretti sostenuti per l’esecuzione dell’attività nonché costi indiretti, come spese per acquisto materiali, polizze assicurative RCO e RCT, polizze infortuni per gli utenti, assicurazioni di responsabilità civile verso terzi, spese “ per il personale dipendente, per il personale docente e collaboratori, nei termini previsti dalla normativa vigente”, delle spese sostenute dai volontari impiegati nel servizio e altre spese generali inequivocabilmente riconducibili al servizio; figurano, quindi spese per stampa e affissione di manifesti, per pulizia straordinaria e ordinaria, toner, risme di carta, il consulente del lavoro; tra i cedolini di paga prodotti dal Comune di Massa ne figurano anche di intesati alla signora Marina Pala, che è la Presidente della Associazione. 9.4. In tutto questo, sebbene l’Associazione abbia riferito che all’attività di docenza hanno partecipato sia docenti volontari che non volontari, non risulta che il Comune abbia imposto alcuna prescrizione né abbia fatto alcuna istruttoria per assicurare che effettivamente una parte dell’attività di docenza e dell’attività di segreteria e organizzazione generale fosse svolta anche da volontari, di cui non è stato fornito il nominativo: significativo, in particolare, è il fatto, attestato da vari cedolini INAIL prodotti in giudizio, che anche la Presidente e legale rappresentante della Associazione aggiudicataria, signora Marina Pala, abbia percepito compensi, non è chiaro se per attività di docenza o di altro tipo. Ancora più grave, non risulta che il Comune abbia valutato l’effettiva economicità del servizio, cioè l’effettiva convenienza nell’affidare il servizio in convenzione ad una Associazione di volontariato, piuttosto che all’esito di una normale procedura di gara aperta ad ogni operatore del settore: nell’avviso pubblico, del resto non ha fissato un tetto massimo al rimborso, limitandosi a stimare l’importo presunto del servizio annuo in 191.000,00 euro, di cui 180.000,00 euro l’anno finanziati con le quote di iscrizione. 9.5. In conclusione, alla luce dei principi sopra richiamati in materia di “gratuità” del servizio, il Collegio ritiene che il Comune avrebbe dovuto, da una parte, svolgere una specifica istruttoria finalizzata ad accertare la convenienza del tipo di affidamento prescelto rispetto all’affidamento all’esito di una procedura aperta; d’altra parte avrebbe dovuto accertarsi, sia mediante opportune prescrizioni del bando che attraverso una specifica attività istruttoria, che il servizio fosse svolto in maniera tale da escludere che l’Associazione potesse ottenere la copertura completa dei costi dell’attività svolta, oltre che dei suoi costi generali: ciò per la ragione che, solo in presenza di una parziale non copertura dei costi diretti ascrivibili alla attività oggetto della convenzione, questa risulta non economica e fuori mercato, perciò giustificandosi la deroga dagli obblighi discendenti dal Codice dei contratti pubblici. 9.6. A tutto ciò si aggiunga la considerazione che nel caso di specie, secondo quanto si evince dalla documentazione prodotta in giudizio (in particolare la convenzione, prodotta in appello dal Comune di Massa come doc. 15, art. 6), il Comune di Massa era tenuto a rimborsare all’Associazione Comunicare anche i costi generali, non direttamente correlati allo svolgimento dell’attività, sia pure nella quota idealmente ascrivibile all’attività oggetto della convenzione. Orbene, a prescindere dalla considerazione che non si comprende come la quota di tali costi sia stata calcolata, pare evidente che una associazione che si avvalga di tale modalità di rimborso svolgendo attività per più enti, si trovi ad essere coperta in tutti i costi, generali e non, diretti e indiretti, mediante affidamenti che ha ottenuto senza concorrere con altri operatori economici specializzati: è chiaro che una simile situazione porta a un abuso del ricorso alle associazioni non lucrative, poiché tali soggetti non operano in perdita e si comportano esattamente come altri operatori economici, da essi differenziandosi solo perché adottano la forma giuridica dell’associazione non lucrativa. Il Comune, pertanto, sia a livello di prescrizioni introdotte nel bando che poi nella istruttoria, avrebbe dovuto tenere conto anche di tale considerazione, di cui non si trova traccia nel bando. 9.7. Alla luce delle considerazioni che precedono possono, conclusivamente, essere respinti i motivi d’appello rubricati da 2 a 5, dovendosi constatare che l’avviso di cui alla Determinazione Dirigenziale del Comune di Massa n. 1903 del 21 agosto 2019 e la successiva convenzione non garantiscono la “non economicità” del rapporto oggetto di affidamento ex art. 56 del D. L.vo 117/2007. 10. L’appello è, conclusivamente, respinto. 11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna il Comune di Massa al pagamento, in favore della società XR8 s.a.s., delle spese relative al presente giudizio, che si liquidano in €. 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2024, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati: Oreste Mario Caputo, Presidente FF Raffaello Sestini, Consigliere Giovanni Sabbato, Consigliere Carmelina Addesso, Consigliere Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore     Guida alla lettura Con la pronuncia n. 7020 dello scorso 7 agosto, la VI Sezione del Consiglio di Stato si è occupata della tematica relativa alle condizioni di ammissibilità dell’affidamento riservato agli enti non profit. In particolare, l’art. 56 del decreto legislativo n. 117 del 2007 prevede che le amministrazioni pubbliche possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi al Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato. Tali convenzioni possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella causa C-50/2016, ha evidenziato che tra le condizioni di ammissibilità degli affidamenti di servizi riservati ad associazioni di volontariato debbono potersi apprezzare, oltre alla rispondenza del servizio a finalità sociali e al perseguimento di obiettivi di solidarietà ed efficienza, l’idoneità dell’affidamento a contribuire al controllo dei costi legati al servizio e quindi all’efficienza di bilancio del sistema e, inoltre, l’assenza di qualsiasi scopo di lucro dell’associazione; infatti, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, alla scopo di evitare eventuali abusi, l’attività delle associazioni di volontariato può essere svolta da lavoratori unicamente nei limiti necessari al suo regolare funzionamento. Il Consiglio di Stato, a sua volta, nel parere n. 1405 del 2017,  ha sottolineato che la gratuità idonea a consentire l’affidamento selettivo riservato ad enti non profit deve essere intesa tenendo presente che lo svolgimento di un servizio in assenza di corrispettivo non pone in radice problemi di distorsione della concorrenza in quanto e nei limiti in cui si risolve in un fenomeno non economico, ossia strutturalmente fuori dalle logiche di mercato perché incapace di essere auto-sufficiente mediante la copertura dei costi con i ricavi. In tal caso la gratuità assume due significati: sotto un primo profilo, la creazione di ricchezza tramite il lavoro del prestatore di servizi non remunerato dal profitto; sotto un secondo profilo, il sostenimento eventuale di costi senza rimborso né remunerazione, a puro scopo di solidarietà sociale (evenienza tipica delle associazioni di volontariato, cfr. art. 17 del codice del terzo settore). In tali casi si realizza la corretta fattispecie della gratuità, vale a dire un aumento patrimoniale di un soggetto, in questo caso la collettività, cui corrisponde una sola e mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, cioè il depauperamento del capitale lavoro o del patrimonio del prestatore. Per questa linea, secondo i Giudici di Palazzo Spada, la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore. Di conseguenza, esso non è reso dal mercato, anzi è fuori dal mercato. Viceversa, la gratuità si risolverebbe, addirittura, in concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori che in ipotesi dessero vita a un mercato di tali servizi. Più in dettaglio, quanto al concetto di onerosità/gratuità, il Consiglio di Stato ha ritenuto che solo il rimborso spese a piè di lista che, in particolare, escluda la remunerazione, anche in maniera indiretta, di tutti i fattori produttivi e comprenda unicamente le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente, consente di affermare la gratuità della prestazione del servizio e, dunque, di postulare la estraneità all’ambito del Codice dei contratti pubblici. È, in special modo, necessario che sia acclarata l’assenza di qualunque remunerazione a carico del soggetto pubblico affidante, quale che ne sia la formale denominazione e qualunque sia il meccanismo economico o contabile anche indiretto, al personale volontario o dipendente e direttivo dell’ente e, altresì, che non ricorrano forme di forfetizzazione dei rimborsi né di finanziamento a fondo perduto, né di finanziamento, acquisto o contributo in conto capitale. Solo la sicura esclusione di ogni possibile ripianamento con risorse pubbliche del costo dei fattori produttivi utilizzati dall’ente e l’assenza di alcuna forma di incremento patrimoniale anche se finalizzato al servizio stesso dimostrano, infatti, l’oggettiva assenza dell’economicità e, dunque, determinano l’ascrizione del servizio entro la categoria dei servizi non economici di interesse generale, con conseguente fuoriuscita dall’ambito oggettuale del Codice dei contratti pubblici.