Corte di Cassazione, I Sez., sentenza 7 ottobre 2024, n. 37108

Con sentenza del 7 ottobre 2024, n. 37108 la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sull’opponibilità allo Stato dell’ipoteca iscritta su un immobile a garanzia di un credito in seguito ceduto ad un terzo ritenuto partecipe di un accordo fraudolento con il destinatario della misura ablativa. In particolare, la Corte ha affermato che in caso di confisca allargata, non è opponibile allo Stato l’ipoteca iscritta su un immobile a garanzia di un credito in seguito ceduto a un terzo ritenuto partecipe di un accordo fraudolento con il destinatario della misura ablativa La regola generale è che la confisca comporta l'acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, senza oneri e pesi, ai sensi dell'art. 45, comma 1, D.Lgs. n. 159 del 2011. A decorrere dal 1 settembre 2021 è stata estesa alla confisca allargata la disciplina a tutela dei terzi creditori dettata dal Titolo IV del libro I del D.Lgs. n. 159 del 2011. Le disposizioni del Titolo IV del libro I del D.Lgs. n. 159 del 2011 prevedono un subprocedimento volto a regolare i criteri di parziale inopponibilità della confisca ai creditori di buona fede, a determinare le condizioni di accesso al riconoscimento di detti crediti e i limiti al soddisfacimento dei medesimi (art. 53), a tutelare la par condicio creditorum (art. 57), al fine di disciplinare le modalità di acquisto al patrimonio dello Stato dei beni confiscati, al contempo salvaguardando i creditori di accertata buona fede anteriori al sequestro. In particolare, l’art. 52 del citato decreto stabilisce che «la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro, nonché i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro, ove ricorrano le seguenti condizioni»: a) il proposto non disponga di altri beni sui quali esercitare la garanzia patrimoniale idonea al soddisfacimento del credito, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni sequestrati; b) il credito non sia strumentale all’attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, sempre che il creditore dimostri la buona fede e l’inconsapevole affidamento; c) nel caso di promessa di pagamento o di ricognizione di debito, sia provato il rapporto fondamentale; d) nel caso di titoli di credito, il portatore provi il rapporto fondamentale e quello che ne legittima il possesso. Il comma 2 dell’art. 52 stabilisce che i crediti devono essere accertati secondo le disposizioni contenute negli artt. 57, 58 e 59 del medesimo decreto. In particolare, l’art. 57 prevede che il giudice delegato fissi apposita udienza per la verifica dei crediti, nella quale, con l’assistenza dell’amministratore giudiziario e con la partecipazione facoltativa del pubblico ministero, provvede a verificare le domande presentate dai creditori, indicando distintamente i crediti che ritiene di ammettere e quelli che ritiene di non ammettere in tutto o in parte, indicandone succintamente le ragioni (art. 59). Quindi forma lo stato passivo e lo rende esecutivo. Dopo che il provvedimento è divenuto irrevocabile, l’Agenzia nazionale procede al pagamento dei creditori ammessi al passivo, in ragione delle distinte masse nonché dell’ordine dei privilegi e delle cause legittime di prelazione sui beni trasferiti al patrimonio dello Stato (art. 60). L’applicazione di tale disciplina, originariamente circoscritta alla confisca di prevenzione, è stata gradualmente estesa oltre tali ipotesi per effetto delle molteplici modifiche apportate all’art. 104-bis disp. att. c.p.p. allo scopo di ampliare la tutela dei terzi creditori. Tale disposizione, introdotta dalla l. n. 94/2009, inizialmente disciplinava l’amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo ed aveva ad oggetto i soli casi di sequestro avente ad oggetto aziende, società, ovvero beni di cui fosse necessario assicurare l’amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire al Fondo unico di giustizia, disponendo che l’autorità giudiziaria nominasse un amministratore giudiziario. Successivamente, attraverso il richiamo alle disposizioni di cui al d.lgs. n. 159/2011, il legislatore ha introdotto, dapprima in limitate ipotesi e poi via via ampliandone l’ambito di applicazione, un procedimento volto a tutelare i diritti dei terzi creditori di buona fede, bilanciandoli con l’interesse dello Stato ad acquisire al proprio patrimonio i beni confiscati. Secondo la Suprema Corte, già per effetto delle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 14/2019 al comma 1-bis dell’art. 104-bis disp. att. c.p.p., a decorrere dal 1° settembre 2021, era stata estesa alla confisca allargata la disciplina a tutela dei terzi creditori dettata dal Titolo IV del libro I del d.lgs. n. 159/2011. Infine, l’art. 41, comma 1, lett. i), n. 2), d.lgs. n. 150/2022 ha nuovamente modificato il comma 1-bis dell’art. 104-bis estendendo, a partire dal 30 dicembre 2022, le previsioni ivi contenute, oltre che ai casi di sequestro disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2, c.p.p., anche ai casi di confisca. Correlativamente è stata modificata anche la rubrica dell’art. 104-bis che risulta intitolata «Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro e confisca». In tal modo, il regime di tutela dei terzi previsto dal d.lgs. n. 159/2011 è stato esteso a tutte le ipotesi di confisca. (CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Penale, sentenza n. 23565 del 18.04.2024 depositata il 12.06.2024). Ad avviso della Suprema Corte, pertinente è il richiamo compiuto dall'ordinanza impugnata al principio di diritto e alla motivazione di Sez. U, n. 29847 del 31/05/2018, Island Refinancing Srl, Rv. 272978 secondo cui "in tema di misure di prevenzione patrimoniali, la cessione di un credito ipotecario, precedentemente insorto, successiva alla trascrizione di un provvedimento di sequestro o di confisca del bene sottoposto a garanzia, non preclude di per sé l'ammissibilità della ragione creditoria, né determina automaticamente uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo quest'ultimo dimostrare la propria buona fede". Il creditore cessionario è chiamato fra l'altro a provare, ai fini dell'ammissione del credito, la sussistenza originaria del requisito della buona fede e dell'incolpevole affidamento, oltre alla buona fede propria, sotto il profilo della mancanza di accordi fraudolenti con il soggetto gravato dalla misura (Sez. 1, n. 57848 del 23/11/2017, Italfondiario Spa, Rv. 271618). Si tratta, secondo i Giudici, di principio applicabile anche alla materia della confisca allargata. L'arresto delle Sezioni Unite, sottolinea la Corte, ha preso le mosse dall'affermazione generale secondo cui la tutela del credito inciso deriva, innanzitutto, dalle caratteristiche dell'operazione di finanziamento che ha fatto sorgere il diritto di credito correlato al bene confiscato. La successione non determina, agli effetti civilistici, una novazione che, ai sensi dell'art. 1230 cod. civ., è da intendersi come forma di estinzione dell'obbligazione originaria a seguito della sostituzione della stessa, ad opera delle parti, con una nuova obbligazione avente oggetto o titolo diverso, accompagnata dall'inequivoca manifestazione della volontà di estinguere l'obbligazione precedente. Nel caso di cessione del credito, per come previsto dall'art. 1263, comma primo, cod. civ., "il credito ceduto è trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori". Pertanto, il trasferimento riguarda tutte le utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, intendendosi come tale ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso e che, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione (Sez. 1 civ., n. 2978 del 16/02/2016, Rv. 638677). La cessione del credito ha efficacia meramente derivativa in quanto ad essere sostituito è solo il creditore originario, al quale il cessionario subentra nella stessa posizione giuridica. Da ciò discende che la ricostruzione della cessione del credito quale trasferimento al creditore cessionario delle garanzie reali e di tutti gli accessori del credito, nell'ampio significato in precedenza specificato per tale definizione, implica che il cessionario, subentrando nella stessa posizione giuridica del cedente, assume la titolarità del credito anche nella possibilità di far valere le condizioni, a quel credito afferenti, per l'ammissione dello stesso al riparto in caso di confisca del bene oggetto del diritto di garanzia associato al credito e che, nel caso in cui il credito sia ceduto in epoca posteriore alla trascrizione del sequestro, il creditore cessionario può comunque avvalersi, per quanto detto in precedenza, della condizione di buona fede sussistente in questi termini in capo al creditore originario al quale è subentrato nella stessa posizione. In tal senso, affermano i Giudici, è ammessa la produzione di elementi tesi a dimostrare, in caso di strumentalità del credito alla prosecuzione dell'attività illecita, la buona fede del creditore originario. La condizione della buona fede del creditore sull'assenza di strumentalità all'attività illecita deve sussistere all'epoca della costituzione del credito e in capo al creditore originario. Una volta dimostrata la buona fede del creditore originario, il creditore è ammesso a dimostrare la 'propria' buona fede, intesa come mancanza di accordi fraudolenti con il proposto. Afferma inoltre il Collegio che è da escludersi che il passaggio relativo alla dimostrazione della buona fede quale condizione necessaria per la tutela del cessionario e sotto il profilo della mancanza di accordi fraudolenti con il proposto, costituisca, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, un obiter dictum della sentenza delle Sezioni Unite. Il principio è strettamente funzionale alla definizione dei criteri di valutazione della buona fede del cessionario, ossia proprio della questione sulla quale la Corte di cassazione, in quell'occasione, ha pronunciato l'annullamento. Secondo la Suprema Corte, è priva di fondamento, quindi, la tesi del ricorrente secondo cui i rapporti tra il cessionario e il condannato per il reato sarebbero irrilevanti ai fini della tutela del credito, potendo assumere rilievo solo la condizione soggettiva del soggetto che ha concesso il mutuo ipotecario e a favore del quale è stata costituita l'originaria garanzia. Riepilogando, il creditore cessionario è chiamato a provare, ai fini dell'ammissione del credito, la sussistenza originaria del requisito della buona fede e dell'incolpevole affidamento nei termini indicati dall'art. 52, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 159 del 2011 (oltre alla buona fede propria, sotto il profilo della mancanza di accordi fraudolenti con il soggetto gravato dalla misura di rigore: Sez. 1, n. 57848 del 23/11/2017, Italfondiario Spa, Rv. 271618)" (Sez. 1, n. 20044. del 13/03/2024, Dovalue Spa, n.m.). La particolare condizione fattuale e giuridica del terzo deve connotarsi - per evitare di ricadere nella condizione di soggetto colpevolmente avvantaggiato dall'altrui azione illecita - in termini di buona fede, intesa nella non conoscibilità - con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta -del rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato (o dalla condotta illecita) commesso dal condannato". Dunque, la Suprema Corte di Cassazione dichiara infondato il ricorso in quanto: a) svaluta la portata della puntualizzazione della Sez. U, Island Refinancing cit. ad obiter dictum, laddove essa esprime un rinvio alle puntualizzazioni di Sez. U, Bacherotti; b) esclude che il requisito dell'assenza di accordi fraudolenti con il proposto discenda dalla norma, laddove, se è esatto che l'art. 52 D.Lgs. n. 159 del 2011 non si occupa, come chiariscono le Sez. U, Island Refinancing cit., della cessione del credito, è però anche vero che il requisito della buona fede e la ratio della disciplina fanno della condizione soggettiva del creditore il punto di equilibrio fondamentale della pretesa di ridurre gli effetti della sottrazione degli acquisti "illeciti" in favore dello Stato; c) immotivatamente limita la portata della mala fede solo al momento genetico.       Riferimenti normativi e giurisprudenziali -Titolo IV del libro I del D.Lgs. n. 159 del 2011; -Art. 1230 cod. civ.; Art. 1230 cod. civ.; Art. 104-bis disp. att. c.p.p. d.lgs. n. 14/2019; -SEZIONI UNITE, n. 29847 del 31/05/2018; -CORTE DI CASSAZIONE, Sezione I Penale, sentenza n. 23565 del 18.04.2024 depositata il 12.06.2024).

RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 9 ottobre 2023, il Tribunale di Ancona, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'istanza presentata dalla società L ONE NPL FZ LLE con la quale era stato chiesto il riconoscimento della permanente validità dell'iscrizione ipotecaria relativamente a bene immobile sito in Roma, Via Archimede 96-98, sottoposto a confisca, con conseguente apponibilità della garanzia al Demanio. Contestualmente ha ordinato al Conservatore dei registri immobiliari di Roma la cancellazione dell'iscrizione ipotecaria relativa al predetto immobile. La complessa vicenda trae origine dalla concessione di un mutuo fondiario, da parte di Banca Tercas, alla società Archimede 96 s.r.l. per l'acquisizione dell'omonimo immobile (sul quale è stata iscritta ipoteca il 12 febbraio 2010) che, il successivo 27 ottobre 2015, è stato sottoposto a sequestro preventivo nell'ambito del procedimento penale a carico, fra gli altri, di Massimo Bianconi. Nel corso di tale giudizio è stata disposta la confisca dell'immobile e il provvedimento è divenuto definitivo per effetto della decisione della Corte di cassazione del 10 dicembre 2021. Nel frattempo, Banca Tercas si è fusa per incorporazione in Banca Popolare di Bari che il 29 giugno 2020 (dopo il sequestro e due sentenze conformi che avevano disposto la confisca) ha ceduto il credito derivante al mutuo ipotecario ad AMCO (Asset Management Company) nel contesto di una più vasta operazione finanziaria. Con scrittura privata autenticata del 29 agosto 2022 e del 1 ° settembre 2022 AMCO s.p.a. ha ceduto il credito per il quale era stata iscritta l'ipoteca sopra descritta alla società L ONE NPL FZ LLE, società unipersonale costituita secondo il diritto degli Emirati Arabi Uniti. Il Tribunale ha escluso la fondatezza della richiesta disattendendo la tesi della società ultima cessionaria del credito garantito da ipoteca secondo la quale sarebbe rilevante esclusivamente lo stato soggettivo del creditore originario, mentre non assumerebbe rilievo alcuno quello dei successivi cessionari. Secondo la ricostruzione del provvedimento impugnato, principalmente, l'istanza originaria si fondava sulla buona fede di Banca Tercas. Il giudice dell'esecuzione ha dato atto delle emergenze relative al legale rappresentante della società istante (Luca Bianconi, figlio di Massimo Bianconi, all'epoca della cessione del credito, la moglie, Fulvia Pozzi, al momento della proposizione del ricorso al giudice dell'esecuzione), dell'epoca della sua registrazione all'anagrafe tributaria e del rapporto del predetto Luca con l'imputato del processo nel quale è stata disposta la confisca. Ha, inoltre, riprodotto ampi stralci delle sentenze di merito e di legittimità a carico di Massimo Bianconi. Da tali decisioni il giudice dell'esecuzione ha desunto che l'imputato ha posto in essere la condotta criminosa tramite l'interposizione fittizia o reale dei propri congiunti, ha operato in un contesto illecito unitario e ha ottenuto il credito garantito dall'ipoteca della quale si controverte nell'esercizio dell'attività illecita che ha dato luogo alla confisca. Ha ritenuto non configurabile la buona fede dell'ultimo cessionario, ossia della società istante, reputando superflua la verifica della condizione soggettiva dell'originario creditore e del primo cessionario AMCO. A tale proposito, è stata richiamata la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 19847 del 2018, oltre a successivi arresti delle Sezioni semplici. Il Tribunale ha escluso la prova della buona fede della società istante segnalando come, piuttosto, sia emersa la dimostrazione della sua mala fede evidenziando l'epoca in cui sono stati interrotti i pagamenti del rimborso del mutuo, la data di iscrizione della società ricorrente (di poco successiva alla sentenza della Corte di cassazione che ha reso definitiva la condanna di Bianconi), la circostanza che la società ha acquistato solo il credito in parola, fra tutti quelli ceduti dalla Banca Popolare di Bari alla AMCO, la cessione dell'intero pacchetto sociale da parte di Luca Bianconi alla moglie in prossimità del deposito del ricorso al giudice dell'esecuzione, l'allegazione al ricorso di numerosi documenti forniti, evidentemente, da Massimo Bianconi e dagli amministratori della società Archimede 96 s.r.l. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione L ONE NPL FZ LLE, in persona del legale rappresentante Luca Bianconi, per mezzo del proprio difensore Avv. Enrico Mario Ambrosetti, articolando due motivi. 2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge con riferimento agli artt. 240 cod. pen. e 52 d.lgs. n. 159 del 2011. Ha evidenziato, sulla scorta della sentenza delle Sezioni Unite n. 29847 del 2018 citata nel provvedimento impugnato, la possibilità, per il creditore cessionario, di dimostrare la propria buona fede, «fermo restando che la buona fede va verificata in capo al creditore originario». Pertanto, ciò che rileverebbe, nel caso di specie, è la buona fede della Banca Tercas che aveva erogato il mutuo iscrivendo ipoteca. Per quanto concerne la posizione del creditore cessionario, invece, l'onere della prova (per come interpretato dal Tribunale di Ancona alla luce della motivazione - ma non del principio di diritto affermato - della citata sentenza delle Sezioni Unite) avrebbe riguardo alla mancanza di accordi fraudolenti con il proposto (nel caso di specie, con il condannato). Proprio con riferimento a tale requisito, la ricorrente ha operato alcune precisazioni evidenziando, da un lato, la natura di obiter dictum del passaggio della motivazione nel quale è stato compiuto, dalle Sezioni Unite, il riferimento a tale condizione e, dall'altro, segnalando come la stessa ratio dell'art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011 imponga di valutare l'eventuale esistenza di accordi fraudolenti tra cessionario e soggetto pericoloso (o comunque destinatario del provvedimento ablatorio) nel momento genetico dell'insorgenza del credito, rimanendo ininfluenti le vicende della cessione dello stesso. La finalità della norma, infatti, è quella di garantire il valore del bene confiscato evitando il rischio che il proposto possa avvalersi di prestanome che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti a sequestro. Secondo la ricorrente nessuno dei precedenti giurisprudenziali citati dal Tribunale marchigiano afferma la necessità della verifica delle circostanze in cui è avvenuta la cessione del credito. 2.2. Con il secondo motivo ha eccepito la manifesta illogicità della motivazione. Alla luce dei principi che governano la materia, la ricorrente ha dimostrato l'anteriorità del diritto di garanzia rispetto al provvedimento di confisca, l'estraneità al reato di Banca Tercas, la buona fede di quest'ultima. Si tratta di profili non presi in considerazione dal giudice dell'esecuzione. L'iscrizione dell'ipoteca è avvenuta cinque anni prima del sequestro e due anni prima dell'inizio dell'attività delittuosa, con la conseguenza che risultano dimostrate la buona fede della banca mutuataria e l'assenza di strumentalità del credito rispetto all'attività illecita. E', altresì, emersa l'estraneità della banca alle attività delittuose accertate nel procedimento penale. Il Tribunale di Ancona, inoltre, non ha indicato alcuna forma di responsabilità di Luca Bianconi né con riguardo ai reati per i quali è stata disposta la confisca, né con riferimento agli accordi fraudolenti relativi alla erogazione del credito. Le circostanze indicate dal giudice dell'esecuzione per dimostrare la mala fede di Luca Bianconi sarebbero non decisive in quanto rileva la sola buona fede del creditore originario. D'altronde, alcuna norma preclude l'acquisto di un credito garantito da diritto reale su un bene sottoposto a confisca, neppure nel caso in cui l'acquisto venga effettuato da un prossimo congiunto. La ricorrente ha, quindi, indicato plurimi elementi dai quali desumere la liceità dell'operazione di acquisto del credito garantito dall'ipoteca sull'immobile del quale si controverte. Ha infine contestato le argomentazioni del giudice dell'esecuzione fondate sull'intenzione di Luca Bianconi di celare la propria identità quale elemento sintomatico della mala fede della società cessionaria. 3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. Il procedimento esecutivo ha per oggetto la domanda con la quale il cessionario del credito chiede che sia dichiarata l'apponibilità allo Stato dell'ipoteca iscritta in origine da un istituto bancario, all'atto della concessione di un mutuo, su bene oggetto di confisca ormai irrevocabile. All'incidente di esecuzione non risulta avere partecipato l'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni confiscati. 2.1. E' pacifica l'applicabilità al procedimento della disciplina di cui al titolo IV del Libro I del d.lgs. n. 159 del 2011 e, dunque, delle disposizioni relative ai criteri di parziale inopponibilità della confisca ai creditori di buona fede, ivi compresa la partecipazione allo stesso dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni confiscati. Tale applicabilità, relativamente alle ipotesi di sequestro disposto ai sensi dell'art. 321, comma 2, cod. proc. pen., risale già alle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 14 del 2019 al comma 1-bis dell'art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. Infatti, a decorrere dal 1 ° settembre 2021 era stata estesa alla confisca allargata la disciplina a tutela dei terzi creditori dettata dal Titolo IV del libro I del d.lgs. n. 159 del 2011. Modificando il comma 1-quater, dell'art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen., è stato stabilito che ai casi di sequestro e confisca in casi particolari previsto dall'art. 240-bis cod. pen. o dalle altre disposizioni di legge che a questo articolo rinviano, nonché agli altri casi di sequestro e confisca di beni adottati nei procedimenti relativi ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice, si applicano le disposizioni del titolo IV del Libro I del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, oltre a quelle previste dal medesimo decreto legislativo in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in esecuzione del sequestro. 4 A seguito di tale modifica le disposizioni in materia di tutela dei terzi di cui al codice antimafia trovano applicazione anche nel caso di confisca ex art. 240-bis cod. pen. Per effetto dell'art. 41, comma 1, lett. I), n. 2 d.lgs. n. 150 del 2022, l'art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen. è esteso, dal 30 dicembre 2022, anche ai casi di confisca. Pertanto, il regime di tutela dei terzi di cui al d.lgs. n. 159 del 2011 è stato così esteso a tutte le ipotesi di confisca (per la ricostruzione della successione normativa, si veda Sez. 1, n. 23565 del 18/04/2024, n.m.). Nel caso di specie, la confisca, disposta ai sensi dell'art. 2641 cod. civ., in relazione all'art. 2635 cod. civ., rientra nello spettro applicativo dell'art. 240 bis cod. pen. L'incidente di esecuzione è stato proposto il 15 marzo 2023. Tenuto conto di quanto esposto, non può trovare applicazione il principio espresso da Sez. 3, n. 40394 del 04/06/2019, Rv. 277160, ossia che «in tema di amministrazione dei beni confiscati, il rinvio contenuto nell'art. 104-bis, comma 1-bis, secondo periodo, disp. att. cod. proc. pen., al d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, va interpretato come riferito alle sole disposizioni del codice antimafia relative alla procedura e non anche a quelle sulla competenza dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, che è regolata dall'art. 110, comma 2, del medesimo decreto e che è circoscritta ai beni sequestrati nel corso dei procedimenti penali per i delitti di cui all'art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen. e all'art. 240-bis cod. pen.». Resta fermo che, in disparte del modulo procedimentale adottato (incidente di esecuzione o procedimento ex art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011), avrebbe dovuto essere citata l'Agenzia nazionale per l'amministrazione dei beni confiscati. 2.2. Tuttavia, per come sarà illustrato, le ragioni di merito poste a fondamento della decisione escludono che debba pronunciarsi la sussistenza di un qualsiasi vizio procedimentale derivante da tale omessa citazione. Può trovare, infatti, applicazione anche nel caso di specie, il princ1p10 generale affermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite civili secondo cui «in applicazione del principio processuale della "ragione più liquida" - desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. - deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale» (Sez. u civ., n. 9936 del 08/05/2014, Rv. 630490; conforme, più di recente, Sez. 5, n. 363 del 09/01/2019 (Rv. 652184). Si tratta di affermazione che trova giustificazione nelle previsioni costituzionali citate intese nel senso che «la tutela giurisdizionale deve risultare effettiva e celere per le parti in giudizio», secondo un'interpretazione, quindi, suscettibile di essere estesa anche al procedimento in sede di incidente di esecuzione volto ad accertare la buona fede del terzo cessionario del credito garantito da ipoteca. 3. Il primo motivo è infondato. Pertinente è il richiamo compiuto dall'ordinanza impugnata al principio di diritto e alla motivazione di Sez. U, n. 29847 del 31/05/2018, Island Refinancing s.r.l., Rv. 272978 secondo cui «in tema di misure di prevenzione patrimoniali, la cessione di un credito ipotecario, precedentemente insorto, successiva alla trascrizione di un provvedimento di sequestro o di confisca del bene sottoposto a garanzia, non preclude di per sè l'ammissibilità della ragione creditoria, nè determina automaticamente uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo quest'ultimo dimostrare la propria buona fede». Il creditore cessionario è chiamato fra l'altro a provare, ai fini dell'ammissione del credito, la sussistenza originaria del requisito della buona fede e dell'incolpevole affidamento, oltre alla buona fede propria, sotto il profilo della mancanza di accordi fraudolenti con il soggetto gravato dalla misura (Sez. 1, n. 57848 del 23/11/2017, Italfondiario s.p.a., Rv. 271618). Si tratta di principio applicabile anche alla materia della confisca allargata. L'arresto delle Sezioni Unite ha preso le mosse dall'affermazione generale secondo cui la tutela del credito inciso deriva, innanzitutto, dalle caratteristiche dell'operazione di finanziamento che ha fatto sorgere il diritto di credito correlato al bene confiscato. La successione non determina, agli effetti civilistici, una novazione che, ai sensi dell'art. 1230 cod. civ., è da intendersi come forma di estinzione dell'obbligazione originaria a seguito della sostituzione della stessa, ad opera delle parti, con una nuova obbligazione avente oggetto o titolo diverso, accompagnata dall'inequivoca manifestazione della volontà di estinguere l'obbligazione precedente. Nel caso di cessione del credito, per come previsto dall'art. 1263, comma primo, cod. civ., «il credito ceduto è trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori». Pertanto, il trasferimento riguarda tutte le utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, intendendosi come tale ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso e che, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione (Sez. 1 civ., n. 2978 del 16/02/2016, Rv. 638677). La cessione del credito ha efficacia meramente derivativa in quanto ad essere sostituito è solo il creditore originario, al quale il cessionario subentra nella stessa posizione giuridica. Da ciò discende che la ricostruzione della cessione del credito quale trasferimento al creditore cessionario delle garanzie reali e di tutti gli accessori del credito, nell'ampio significato in precedenza specificato per tale definizione, implica che il cessionario, subentrando nella stessa posizione giuridica del cedente, assume la titolarità del credito anche nella possibilità di far valere le condizioni, a quel credito afferenti, per l'ammissione dello stesso al riparto in caso di confisca del bene oggetto del diritto di garanzia associato al credito e che, nel caso in cui il credito sia ceduto in epoca posteriore alla trascrizione del sequestro, il creditore cessionario può comunque avvalersi, per quanto detto in precedenza, della condizione di buona fede sussistente in questi termini in capo al creditore originario al quale è subentrato nella stessa posizione. In tal senso è ammessa la produzione di elementi tesi a dimostrare, in caso di strumentalità del credito alla prosecuzione dell'attività illecita, la buona fede del creditore originario. La condizione della buona fede del creditore sull'assenza di strumentalità all'attività illecita deve sussistere all'epoca della costituzione del credito e in capo al creditore originario. Una volta dimostrata la buona fede del creditore originario, il creditore è ammesso a dimostrare la 'propria' buona fede, intesa come mancanza di accordi fraudolenti con il proposto. Si tratta dei principali passaggi della decisione delle Sezioni Unite, ripresi testualmente anche dalla giurisprudenza di questa Corte successiva, fra cui Sez. 1, n. 17169 del 26/01/2022, Juliet, n.m. riportata, in termini pertinenti, nel provvedimento impugnato (totalmente conforme, è anche Sez. 1, n. 3768 del 20/10/2023, dep. 2024, Dovalue s.p.a., n.m. E' da escludersi che il passaggio relativo alla dimostrazione della buona fede quale condizione necessaria per la tutela del cessionario e sotto il profilo della mancanza di accordi fraudolenti con il proposto, costituisca, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, un obiter dictum della sentenza delle Sezioni Unite. Il principio è strettamente funzionale alla definizione dei criteri di valutazione della buona fede del cessionario, ossia proprio della questione sulla quale la Corte di cassazione, in quell'occasione, ha pronunciato l'annullamento. Si tratta, quindi di una puntualizzazione funzionale a delineare la cornice di riferimento degli accertamenti allora demandati al giudice del rinvio. Il principio è stato, inoltre, per come segnalato anche dal Procuratore generale nella propria requisitoria scritta, ribadito dalla più recente giurisprudenza di questa Corte quando è stato affermato che «il creditore cessionario, quindi, è chiamato a provare, ai fini dell'ammissione del credito, la sussistenza originaria del requisito della buona fede e dell'incolpevole affidamento nei termini indicati dall'art. 52, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011 (oltre alla buona fede propria, sotto il profilo della mancanza di accordi fraudolenti con il soggetto gravato dalla misura di rigore: Sez. 1, n. 57848 del 23/11/2017, Italfondiario S.p.a., Rv. 271618)» (Sez. 1, n. 20044. del 13/03/2024, Dovalue s.p.a., n.m.). E' priva di fondamento, quindi, la tesi del ricorrente secondo cui i rapporti tra il cessionario e il condannato per il reato sarebbero irrilevanti ai fini della tutela del credito, potendo assumere rilievo solo la condizione soggettiva del soggetto che ha concesso il mutuo ipotecario e a favore del quale è stata costituita l'originaria garanzia. 3. Il secondo motivo, comunque connesso al primo, è parimenti infondato. Il provvedimento impugnato va inteso nel senso che dà per accertata la buona fede del "primo creditore". La motivazione si concentra su due punti. 3.1. Il primo è quello della strumentalità del credito all'attività illecita. Si tratta del profilo di cui all'art. 52, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 159 del 2011 rispetto al quale il motivo di ricorso propone censure generiche a fronte del richiamo operato nell'ordinanza impugnata alla sentenza della Corte di cassazione che ha definito il procedimento di merito. Peraltro su questo punto, il ricorso sovrappone il tema della strumentalità del credito all'attività illecita con quello della buona fede del primo creditore ipotecario che, discutendosi della posizione del cessionario, come segnalato al punto precedente, non è decisiva. Pertanto non è rilevante l'estraneità di Tercas e dei suoi dipendenti all'illecito, come pure di Luca Bianconi. Né si tratta di individuare un divieto alla cessione del credito de quo, ma di escludere che esso possa essere fatto valere con il titolo di prelazione la cui apponibilità si vuole ottenere. 3.2. Il secondo aspetto sul quale si sofferma l'ordinanza impugnata è quello relativo alla consapevolezza, da parte del cessionario, della strumentalità del credito all'attività illecita, ossia la malafede del cessionario. La regola generale è che la confisca comporta l'acquisizione del bene al patrimonio dello Stato, senza oneri e pesi, ai sensi dell'art. 45, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011. Gli artt. 52 e seguenti del medesimo d.lgs. delineano i limiti entro i quali l'ammissione del credito può incidere sulle finalità di acquisizione al patrimonio pubblico dei beni confiscati, in modo da salvaguardare l'esigenza di evitare che possa essere riconosciuta tutela a ragioni creditorie in favore di quanti siano consapevoli della strumentalità del credito rispetto all'attività illecita del proposto. Entro questa cornice occorre accertare se esistano o no limiti al principio per il quale il cessionario succede al cedente nel "medesimo rapporto obbligatorio", in ragione delle peculiari finalità della disciplina pubblicistica della quale si tratta. Sez. U, Island Refinancing cit., come ricordato, hanno puntualizzato che la posizione del cessionario va apprezzata anche in ragione dell'assenza di accordi fraudolenti con il proposto (il che dimostra che non ci si può limitare, come pretende il ricorrente, a considerare solo la posizione del "primo creditore"). Si tratta di principio normativo che si ispira alle indicazioni di Sez. U, n. 9 del 28/04/1999, Bacherotti, Rv. 213511. Secondo quest'ultima decisione, «ciò che rileva è pertanto l'attenta qualificazione della particolare condizione fattuale e giuridica del terzo che deve connotarsi - per evitare di ricadere nella condizione di soggetto colpevolmente avvantaggiato dall'altrui azione illecita - in termini di buona fede, intesa nella non conoscibilità - con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta - del rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato (o dalla condotta illecita) commesso dal condannato». Il riferimento alla diligenza richiesta dalla situazione concreta orienta verso una valutazione attenta alla sostanza dei rapporti economici intercorsi fra le parti, alla luce del punto di equilibrio tracciato dal legislatore tra interesse dello Stato all'acquisizione e interesse dei creditori incolpevoli a vedere salvaguardate le proprie ragioni, non altrimenti tutelabili rispetto ad altri beni del patrimonio del debitore. In questa prospettiva, si spiega la puntualizzazione di Sez. 1, n. 57848 del 2017, cit. secondo cui «le operazioni che il giudice di merito, in simili casi, è tenuto a realizzare risultano essere: a) la verifica della anteriorità del credito originario rispetto alla trascrizione del sequestro; b) la verifica della assenza del nesso di strumentalità tra l'erogazione del credito e l'attività pericolosa del soggetto colpito dalla misura di prevenzione, in riferimento al rapporto intervenuto tra il creditore originario e il soggetto pericoloso, con riconoscimento, se del caso, dell'affidamento incolpevole del primo creditore, o comunque di chi, tra i creditori, abbia effettivamente contrattato con il soggetto ritenuto pericoloso; c) la verifica della effettiva inesigibilità, in caso di cessione del credito, della verifica preliminare di assenza di trascrizioni pregiudizievoli sul bene oggetto di garanzia; d) la verifica, sempre in caso di cessione del credito, dell'assenza di accordi fraudolenti intervenuti tra il creditore subentrante e il soggetto ritenuto pericoloso». In questa prospettiva, con motivazione priva di evidenti illogicità, il giudice dell'esecuzione ha indicato, a fondamento dell'unitarietà di azione della società che propone l'incidente di esecuzione con l'imputato, in disparte il fatto che il legale rappresentante della prima è il figlio del secondo: a) la sospensione del rimborso delle rate del mutuo poco dopo la sentenza di secondo grado nel giudizio penale; b) la costituzione della società emiratense oggi ricorrente una ventina di giorni dopo la sentenza della V Sezione di questa Corte che ha reso definitiva la confisca; c) la dissimulazione della riconducibilità della stessa società alla famiglia Bianconi. In altri termini, rispetto al punto di equilibrio e alle ragioni sottese alla disciplina del d.lgs. n. 159 del 2011, il giudice di merito ha indicato una serie di dati obiettivi convergenti verso l'attribuzione dell'operazione di acquisto del credito a un centro di interessi riconducibile a soggetti talmente legati all'operatività del proposto da rivelare la piena consapevolezza (la malafede che si ritiene positivamente dimostrata) della correlazione del credito con l'attività illecita per la quale è intervenuta condanna. Nella prospettiva ricostruttiva del giudice di merito, da un punto di vista economico, la cessione del credito per 3.790.571,07 euro (nota 6 a pag. 36 del provvedimento) è avvenuta per il corrispettivo di 1.1250.000 euro, con la conseguenza che, se si riconoscesse la garanzia ipotecaria, la differenza andrebbe a diretto vantaggio di società correlata al proposto che ridurrebbe i danni derivanti dalla misura ablatoria. 4. In sostanza, il ricorso è infondato, in quanto: a) svaluta la portata della puntualizzazione della Sez. U, !stand Refinancing cit.ad obiter dictum, laddove essa esprime un rinvio alle puntualizzazioni di Sez. U, Bacherotti; b) esclude che il requisito dell'assenza di accordi fraudolenti con il proposto discenda dalla norma, laddove, se è esatto che l'art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011 non si occupa, come chiariscono le Sez. U, Island Refinancing cit., della cessione del credito, è però anche vero che il requisito della buona fede e la ratio della disciplina fanno della condizione soggettiva del creditore il punto di equilibrio fondamentale della pretesa di ridurre gli effetti della sottrazione degli acquisti "illeciti" in favore dello Stato; c) immotivatamente limita la portata della mala fede solo al momento genetico. Peraltro, nel senso espresso al punto b) depone anche il passaggio della motivazione di Corte cost. n. 94 del 2015 riportato a pag. 8 del ricorso, potendo ravvisarsi anche nel caso qui in rilievo, la medesima ratio della situazione che si determina nel caso di simulazione del credito originario, proprio con riferimento all'esigenza che «il proposto possa avvalersi di prestanome che vantino fittiziamente diritti sui beni sottoposti a sequestro» cui va equiparato il caso che, indipendentemente dal carattere fittizio o non della titolarità del credito, sia possibile far emergere - proprio per effetto della collusione con il proposto - un intento elusivo della finalità di sottrarre il bene all'autore dell'illecito. 5. Da quanto esposto discende il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 28/06/2024