Consiglio di Stato, seconda Sez., 6 maggio 2024, n.4078
Con sentenza n. 4078 del 6 maggio 2024, la Seconda Sezione del Consiglio di Stato, richiamando alcuni principi giurisprudenziali consolidati, si è pronunciata sulla c.d. autotutela doverosa. Il Consiglio di Stato ha ricordato che l’autotutela doverosa consegue di norma all’accertamento di una declaratoria di falsità di documenti o di dichiarazioni che avevano consentito di ottenere un determinato provvedimento. Essa, in aderenza ai notori principi costituzionali che reggono l’azione amministrativa e anche per evitare comportamenti arbitrari dell’Amministrazione finalizzati a sottrarsi alle eventuali responsabilità per un’attività illegittima, è riferita a situazioni tassativamente individuate dal legislatore ovvero declinate in maniera altrettanto precisa in via pretoria, in presenza delle quali il potere di riesame dei propri atti da parte della pubblica amministrazione è dovuto. A tale categoria è stata ricondotta anche la previsione di cui all’art. 21-novies, comma 2-bis, della l. n. 241 del 1990, sebbene la giurisprudenza abbia già avuto modo di chiarire come in tale ipotesi debba piuttosto parlarsi di “autotutela doverosa parziale”, proprio ad indicare quei casi in cui sussiste l’obbligo di attivarsi, anche in deroga ai limiti di tempo previsti dal legislatore per l’esercizio dell’autotutela, seppure l’esito non è vincolato. Del resto, si legge nella sentenza, il tenore letterale della norma («possono essere annullati», anziché “sono annullati”) rende inequivoca l’intenzione del legislatore di considerare anche l’accertamento penale irrevocabile del falso insufficiente a determinare sempre e comunque l’annullamento dell’atto e di ritenere indispensabile un’attenta attività valutativa da parte dell’amministrazione di tutta la complessiva situazione, tenendo conto delle esigenze di tutela dell’affidamento dell’autore del mendacio o del diretto (e consapevole) beneficiario dello stesso. L’autotutela doverosa parziale, in quanto ricondotta al richiamato comma 2-bis dell’art. 21-novies, è stata introdotta nell’ordinamento dalla l. 7 agosto 2015, n. 124, che ha inserito la norma nel corpo della l. n. 241 del 1990. La Seconda Sezione ricorda che in precedenza era stata la giurisprudenza ad avere individuato i casi nei quali l’autotutela era considerata strumento di garanzia di supremi valori ed interessi dell’ordinamento contro la consolidazione degli effetti di un atto illegittimo, seppure non tempestivamente revocato o annullato. Tra questi, veniva fatto rientrare il caso del provvedimento rilasciato sulla base di dichiarazioni non veritiere, a prescindere, peraltro, dalle ragioni di tale non veridicità ovvero dalla, vera o presunta, irrilevanza delle stesse sul contenuto dell’atto poi caducato. In tali ipotesi la necessità dell’intervento dell’Amministrazione è stato ancorato all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000 che, facendo riferimento alla “decadenza”, evoca un istituto la cui esatta portata è da sempre controversa, stante che pur concretizzandosi in un provvedimento afflittivo, come tale univocamente sanzionatorio, se ne discosta per il mancato rilievo dato all’elemento psicologico della condotta, al pari di quanto accade per l’annullamento d’ufficio, cui pure parte della dottrina tende ad assimilarlo. A tale disposizione si è univocamente fatto riferimento fintanto che la disciplina degli effetti delle dichiarazioni menzognere non è confluita nella legge sul procedimento amministrativo. Inoltre, la Seconda Sezione condivide il richiamo operato dalla sentenza impugnata ai principi affermati dall’Adunanza Plenaria circa la sussistenza o meno di un interesse pubblico in re ipsa all’autotutela proprio con riferimento al rilascio di sanatorie poi rivelatesi illegittime; è stato infatti riconosciuto che «Se infatti è vero in via generale che il potere della P.A. di annullare in via di autotutela un atto amministrativo illegittimo incontra un limite generale nel rispetto dei principi di buona fede, correttezza e tutela dell’affidamento comunque ingenerato dall’iniziale adozione dell’atto (i quali plasmano il conseguente obbligo motivazionale), è parimenti vero che le medesime esigenze di tutela non possono dirsi sussistenti qualora il contegno del privato abbia consapevolmente determinato una situazione di affidamento non legittimo. In tali casi l’amministrazione potrà legittimamente fondare l’annullamento in autotutela sulla rilevata non veridicità delle circostanze a suo tempo prospettate dal soggetto interessato, in capo al quale non sarà configurabile una posizione di affidamento legittimo da valutare in relazione al concomitante interesse pubblico». Tale affermazione non trova alcun limite nella portata fraudolenta o meno del mendacio, ex se irrilevante. L’interesse pubblico tutelato, infatti, è quello alla correttezza dei rapporti tra p.a. e cittadini, che vede nel sistema delle autodichiarazioni l’espressione più tipica, in quanto bilancia l’alleggerimento degli oneri procedurali e la susseguente semplificazione con la richiesta assunzione di responsabilità da parte del privato.
Pubblicato il 06/05/2024 N. 04078/2024REG.PROV.COLL. N. 00472/2022 REG.RIC.
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 472 del 2022, proposto dal signor Luca Sebastiano Baffigo Filangieri di Candido Gonzaga, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Gerbi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Genova, via Roma, n. 11/1; contro il Comune di Portofino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Piciocchi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Genova, corso Torino, n. 30/18; nei confronti dei signori Anna Repetto, Gemma Marchese e Alessandra Calzia, nella loro qualità di eredi del signor Camillo Marchese, non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, sez. I, 29 luglio 2021, n. 731, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Portofino; Visti tutti gli atti della causa; Viste le istanze di passaggio in decisione senza previa discussione orale avanzate sia dall’appellante che dall’Amministrazione appellata; Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2024, il Cons. Antonella Manzione; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO
R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 472 del 2022, proposto dal signor Luca Sebastiano Baffigo Filangieri di Candido Gonzaga, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Gerbi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Genova, via Roma, n. 11/1; contro il Comune di Portofino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Piciocchi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Genova, corso Torino, n. 30/18; nei confronti dei signori Anna Repetto, Gemma Marchese e Alessandra Calzia, nella loro qualità di eredi del signor Camillo Marchese, non costituiti in giudizio; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, sez. I, 29 luglio 2021, n. 731, resa tra le parti; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Portofino; Visti tutti gli atti della causa; Viste le istanze di passaggio in decisione senza previa discussione orale avanzate sia dall’appellante che dall’Amministrazione appellata; Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 9 aprile 2024, il Cons. Antonella Manzione; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO
- Il signor Emilio Maria Beretta, all’epoca dei fatti proprietario di alcuni fabbricati facenti parte del complesso immobiliare costituente la c.d. “villa Sabaino” nel Comune di Portofino, adiva il T.a.r. per la Liguria per l’annullamento del decreto n. 7 del 9 novembre 2013, prot. 9023, di annullamento del condono di opere interessanti gli stessi rilasciato in data 11 aprile 1998, sulla base di due distinte istanze presentate nel 1986 dalla Impresa agricola Sabaino s.a.s. L’annullamento era motivato sulle risultanze della verificazione disposta nell’ambito di un distinto contenzioso promosso innanzi al medesimo Tribunale (n.r.g. 639/2010) dal proprietario di un fabbricato facente parte della medesima “villa Sabaino”, il signor Camillo Marchese, nei confronti del Comune di Portofino per lamentare proprio il mancato esercizio dell’autotutela con riferimento al condono edilizio n. 17 del 1998: ciò in quanto la sentenza che aveva definito ridetto ricorso nel senso della inammissibilità (T.a.r. per la Liguria, sez. I, 25 giugno 2012, n. 888, confermata da Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2562) aveva affermato tra l’altro chiaramente: «l’istruttoria [effettuata dal Corpo forestale dello Stato, cui era stata assegnata la verificazione, n.d.r. ] ha evidenziato come in effetti le dichiarazioni rese dal sig. Iaccarino, rispettivamente in data 11 ottobre 1996 e 18 dicembre 1996, relativamente alla data di ultimazione delle opere oggetto di condono siano inveritiere […]. La verificazione disposta dal Collegio ha accertato, invece, che il manufatto “B” è stato modificato tra il 1980 e 1989, il manufatto
- A sostegno delle proprie pretese il ricorrente lamentava:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 21-novies della l. n. 241 del 1990 e degli artt. 40 e 46 della
- violazione dell’art. 3 della l. n. 241 del 1990 sotto altro profilo, difetto ed illogicità di motivazione, errata applicazione dell’art. 46 della l. n. 47 del 1985 e dell’art. 15 della l. n. 765 del 1967 e falsa applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 495 del 2000;
- violazione dell’art. 21-novies della l. n. 241 del 1990, violazione del principio di affidamento, termine irragionevole, difetto di interesse pubblico, difetto di motivazione, immotivata contraddittorietà con atti precedenti;
- violazione dell’art. 21-novies della l. n. 241 del 1990 sotto ulteriore profilo, violazione delle regole
- L’adito T.a.r. con la sentenza segnata in epigrafe respingeva il ricorso, confermando la legittimità dell’atto impugnato il cui contenuto necessitato era da ricondurre alle false dichiarazioni definitivamente accertate in altro procedimento.
- Avverso tale sentenza ha proposto appello il signor Luca Sebastiano Baffigo Filangieri di Candida Gonzaga, nella sua qualità di acquirente della villa, giusta atto ai rogiti del notaio Giorgio Segalerba di Chiavari rep. 48972 del 13 luglio 2017. Egli ha in primo luogo circoscritto la portata del gravame alla parte di provvedimento impugnato in primo grado dal proprio dante causa riferito ad uno solo dei manufatti ricompresi nello stesso, segnatamente l’annesso agricolo di circa mq. 20, giacché il mutamento di destinazione d’uso e l’ampliamento del fabbricato principale erano stati sanati con provvedimento del 19 marzo 2016, per effetto di nuova domanda di condono (rigettata solo per il manufatto agricolo) avanzata ai sensi dell’art. 39 della l. n. 724/1994, trattandosi di opere realizzate comunque prima del 31 dicembre 1993.
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- «Sul rigetto del primo motivo di ricorso e sulla sua fondatezza. Violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 46 L. n. 47/1985. Travisamento. Difetto di motivazione ed illogicità»;
- «Sul rigetto del secondo motivo di ricorso e sulla sua fondatezza. Violazione e falsa applicazione
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- «Sul rigetto del terzo motivo di ricorso e sulla sua fondatezza. Violazione e falsa applicazione
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- «Sul rigetto del quarto motivo di ricorso e sulla sua fondatezza. Violazione del principio
- Si è costituito in giudizio il Comune di Portofino per chiedere il rigetto dell’appello.
- Sono seguite ulteriori memorie di entrambe le parti.
- Alla pubblica udienza del 9 aprile 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
- L’appello è infondato.
- In via preliminare devono essere richiamati alcuni consolidati principi giurisprudenziali sulla c.d. autotutela doverosa.
- Essa consegue di norma all’accertamento di una declaratoria di falsità di documenti o di
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- L’autotutela doverosa parziale, in quanto ricondotta al richiamato comma 2-bis dell’art. 21- novies, è stata introdotta nell’ordinamento dalla l. 7 agosto 2015, n. 124, che ha inserito la norma nel corpo della l. n. 241 del 1990.
- Ciò precisato e ricordato che il provvedimento impugnato di cui si discute, emanato il 9 novembre 2013, è governato dalla previsione di cui all’articolo 21-novies della l. 7 agosto 1990, n. 241 nel testo introdotto dall’articolo 14 della l. 11 febbraio 2005, n. 15, e assoggettato pertanto, quanto alle conseguenze, all’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, può passarsi allo scrutinio dei singoli motivi di censura.
- Con la prima doglianza l’interessato contesta l’affermazione secondo la quale la falsa dichiarazione sull’epoca di realizzazione degli abusi sarebbe stata «accertata», sostenendo per converso che laddove sulla stessa non si sarebbe pronunciato alcun giudice, giusta l’esito in rito del contenzioso nel corso del quale è stata disposta la verificazione che la contiene. La finalità non fraudolenta della stessa, ma “neutra” rispetto al regime urbanistico vigente, che non sarebbe ostativo alla sanatoria anche assumendo quale data di realizzazione dell’abuso un’epoca successiva al 1976, renderebbe comunque il mendacio de quo un falso innocuo, come tale irrilevante. Il richiamo, infatti, al Piano Regolatore del Monte di Portofino di quell’anno (1976) sarebbe errato, come dimostrato dall’avvenuto rilascio della sanatoria per gli interventi sul manufatto principale nel 2016, che richiama espressamente quello approvato nel 2002 e modificato nel 2011; né a tale ricostruzione osterebbe l’art. 3 del Piano stesso, stante che il rinvio ivi contenuto ai vincoli di cui all’art. 1 della l. 20 giugno 1935, n. 1251, avrebbe la sola valenza di esplicitare la portata attuativa della stessa tramite il regime edificatorio introdotto dall’Ente locale.
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- Diversamente da quanto opinato dall’appellante, il puntuale accertamento effettuato dal
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- L’appellante tuttavia invoca la sostanziale inutilità del mendacio ai fini dell’ottenimento del condono richiesto: ciò in quanto nessun vincolo di inedificabilità assoluta sarebbe conseguito al Piano regolatore del Monte di Portofino del 1976, né a quello del 2002, modificato nel 2011, econ particolare riferimento agli artt. 19 e 20 di quest’ultimo.
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- Vero è che con riferimento al regime edificatorio la ricostruzione fornita dal Comune di Portofino non è particolarmente congrua, quanto meno avuto riguardo allo strumento di pianificazione di settore applicabile con certezza ratione temporis: il richiamo, infatti, contenuto nel condono del 2016 alle previsioni del Piano del 2002 e del 2011, giusta la sostanziale sovrapponibilità dei tempi di ultimazione degli abusi, farebbe propendere per la medesima opzione ermeneutica anche in relazione all’annesso agricolo per il quale il condono è stato invece negato.
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- Deve tuttavia rilevarsi che, vuoi che l’autonomia del nuovo procedimento si sia risolta in una
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- Con il secondo motivo di gravame l’interessato contesta l’applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, stante che la decadenza dai benefici, cui la norma fa riferimento, non potrebbe essere esteso al rilascio di un titolo edilizio.
- Sebbene il termine “benefici” sia sovrapponibile a quello di provvedimenti di attribuzione di benefici economici di cui all’art. 21-novies, comma 1, della l. n. 241 del 1990, ma non alle
- Con il secondo motivo di gravame l’interessato contesta l’applicazione dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, stante che la decadenza dai benefici, cui la norma fa riferimento, non potrebbe essere esteso al rilascio di un titolo edilizio.
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- Per tale ragione all’art. 75 del d.P.R. n. 445/2000 è stata sempre riconosciuta la natura di
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- Le considerazioni svolte sono sufficienti a respingere anche il terzo motivo di appello, basato sulla tardività dell’esercizio dell’autotutela, essendo l’atto del 2013, laddove quello annullato risale addirittura al 1998; tardività accentuata, secondo la ricostruzione dell’appellante, dalla circostanza che già nel 2010 il Comune di Portofino aveva evaso negativamente l’istanza del signor Camillo Marchese, ritenendo insussistente l’interesse pubblico all’annullamento.
- In effetti nel sistema attuale di regolazione dell’istituto, come chiarito, l’ottenimento di un atto sulla base di dichiarazioni non veritiere giustifica la deroga alla tempistica di adozione dell’annullamento. Nella specie il termine non era ancora normativamente predeterminato, ma andava ricondotto alla nozione di “ragionevolezza” genericamente utilizzata dal legislatore.
- Le considerazioni svolte sono sufficienti a respingere anche il terzo motivo di appello, basato sulla tardività dell’esercizio dell’autotutela, essendo l’atto del 2013, laddove quello annullato risale addirittura al 1998; tardività accentuata, secondo la ricostruzione dell’appellante, dalla circostanza che già nel 2010 il Comune di Portofino aveva evaso negativamente l’istanza del signor Camillo Marchese, ritenendo insussistente l’interesse pubblico all’annullamento.
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- Nel caso di specie il Comune di Portofino è venuto a conoscenza della portata non veridica
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- Il mancato coinvolgimento della Commissione edilizia integrata nell’adozione dell’annullamento de quo è infine privo di pregio stante che lo stesso è motivato sulla sussistenza della dichiarazione falsa e non sulla operatività di vincoli, o su valutazioni progettuali, con riferimento ai quali ridetto organismo si era pronunciato. Come già affermato dalla Sezione (Cons. Stato, sez. II, 5 agosto 2019, n. 5517) non risulta necessaria l’acquisizione, ai fini del contrarius actus, di un nuovo parere da parte della Commissione edilizia integrata, in quanto «É invero assodato in giurisprudenza che, in base al principio del contrarius actus, qualora in sede di rilascio di una concessione edilizia sia stato acquisito il parere della Commissione edilizia, tale parere vada acquisito anche all’atto dell’annullamento d'ufficio del suddetto titolo abilitativo, (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 12 novembre 2003, n. 7218, citata dal medesimo appellante, nonché ad es., più risalente nel tempo, Cons., Stato, sez. V, 18 agosto 1998 , n. 1272) fatte peraltro salve le ipotesi in cui il provvedimento di autotutela sia supportato da evidenti ragioni formali, ovvero da ragioni meramente logico-giuridiche e non, quindi, tecnico-edilizie (cfr., Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2821; sez. IV, 31 marzo 2009, n. 1909)». Nella specie tale ultimo tipo di ragioni per certo non sussisteva.
- In conclusione l’appello deve essere respinto.
- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.