Corte Costituzionale, dep. 13 maggio 2024 pubblicazione in G. U., n. 86
Con sentenza n. 86 del 13 maggio 2024, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 628, secondo comma, cod. pen. «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità»; e, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, primo comma, cod. pen., <>. La questione sollevata dal Tribunale di Cuneo richiede, ad avviso della Consulta, che il trattamento sanzionatorio della rapina impropria sia sottoposto al triplice test della proporzionalità relazionale (rispetto a eventuali tertia), della proporzionalità oggettiva (rispetto alla tipologia di condotte rientranti comparationis nella fattispecie astratta) e della necessaria individualizzazione (rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto concreto). Il secondo comma dell’art. 628 cod. pen., descritti gli elementi costitutivi della rapina impropria (chi «adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità»), stabilisce per essa la stessa pena prevista dal primo comma per la rapina propria (chi, «per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene»). La Corte Costituzionale ricorda che questa pena ha registrato, nel corso del tempo, un progressivo inasprimento, che ha interessato principalmente il minimo edittale della reclusione: originariamente determinato in tre anni, tale minimo è stato aumentato a quattro anni dall’art. 1, comma 8, lettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario), e ulteriormente incrementato a cinque anni dall’art. 6, comma 1, lettera a), della legge 26 aprile 2019, n. 36 (Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa). L’inasprimento ha riguardato anche il minimo edittale della fattispecie aggravata, vale a dire la rapina commessa «da più persone riunite»: quattro anni di reclusione per il testo originario dell’art. 628, terzo comma, numero 1), cod. pen., quattro anni e sei mesi per effetto dell’art. 3 della legge 14 ottobre 1974, n. 497 (Nuove norme contro la criminalità), poi cinque anni ai sensi dell’art. 1, comma 8, lettera b), della legge n. 103 del 2017, e infine sei anni a norma dell’art. 6, comma 1, lettera b), della legge n. 36 del 2019. L’appesantimento del trattamento sanzionatorio ora illustrato per la rapina è analogo a quello che ha interessato l’estorsione, reato descritto dall’art. 629, primo comma, cod. pen. come la condotta di chi, «mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». Per l’estorsione come per la rapina, il notevole innalzamento del minimo edittale – a un livello che rende sostanzialmente inaccessibile il beneficio della sospensione condizionale della pena – è stato realizzato senza introdurre una “valvola di sicurezza”, che permetta al giudice di temperare la sanzione quando l’offensività concreta del fatto di reato non ne giustifichi una punizione così severa. Con la sentenza n. 120 del 2023, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità». Nella citata sentenza i giudici hanno osservato che la mancata previsione di una “valvola di sicurezza” al cospetto di un minimo edittale particolarmente aspro implica il rischio di irrogazione di una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto estorsivo, ove il fatto medesimo risulti immune dai profili di allarme sociale che hanno indotto il legislatore a stabilire quel severo minimo. Ciò si è rilevato in base alla constatazione che il reato di estorsione – atteso il carattere multiforme degli elementi costitutivi «violenza o minaccia», «profitto», «danno» – può essere consumato anche tramite condotte occasionali, di minimo impatto personale, volte a conseguire un lucro irrisorio e tali da recare alla vittima un pregiudizio esiguo. Ad avviso della Corte, la ratio decidendi della sentenza n. 120 del 2023 vale anche per la rapina. Per costante giurisprudenza di legittimità, la rapina si distingue dall’estorsione poiché nell’una la persona offesa subisce una violenza o minaccia «diretta e ineludibile», mentre nell’altra non vi è questo «totale annullamento della capacità del soggetto passivo di determinarsi diversamente dalla volontà dell’agente». In linea teorica, questo discrimine potrebbe segnalare una maggiore gravità della rapina, quale coazione assoluta, rispetto all’estorsione, quale coazione relativa (vis compulsiva), il che potrebbe apparire ostativo all’estensione della sentenza n. 120 del 2023. Tuttavia, è lo stesso legislatore che, parificando i minimi edittali, dimostra di considerare i due titoli di reato omogenei quanto all’offensività astratta, sull’implicito presupposto che la libertà morale debba essere protetta non meno che la libertà fisica. In primo luogo, dunque, sul piano della comparazione tra il trattamento sanzionatorio previsto per la rapina impropria e quello stabilito per l’estorsione, emerge la violazione dell’art. 3 Cost., non sussistendo ragioni specifiche che valgano a giustificare l’esclusione dell’attenuante di lieve entità del fatto per il reato di cui all’art. 628, secondo comma, cod. pen., ed anzi esistendo i richiamati indici che di tale diminuente impongono l’estensione anche a tale reato. In secondo luogo, i giudici affermano che l’esigenza dell’attenuante in questione – in misura non eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell’art. 65, primo comma, numero 3), cod. pen. – trova fondamento costituzionale anche nei principi di individualizzazione della pena e di finalità rieducativa della stessa. La Corte chiarisce che un trattamento manifestamente sproporzionato, rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto, e comunque incapace di adeguarsi al suo concreto disvalore, pregiudica il principio di individualizzazione della pena. Infine, atteso che la rapina propria condivide con la rapina impropria – e, transitivamente, con l’estorsione – sia l’elevato minimo edittale di pena detentiva (cinque anni di reclusione), sia l’idoneità a manifestare una diversificata offensività (in rapporto agli elementi costitutivi della violenza o minaccia e del profitto), anche per essa si evidenzia la necessità costituzionale di una “valvola di sicurezza”, a garanzia della ragionevolezza, proporzionalità e capacità rieducativa della sanzione.
REPUBBLICA ITALIANALA SENTENZA N. 86 DEL 2024 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta da: Presidente: Augusto Antonio BARBERA; Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Cuneo, in composizione collegiale, nel procedimento a carico di B. D. e B. A., con ordinanza del 20 settembre 2023, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2023. Udito nella camera di consiglio del 16 aprile 2024 il Giudice relatore Stefano Petitti; deliberato nella camera di consiglio del 16 aprile 2024. Ritenuto in fatto
- – Con ordinanza del 20 settembre 2023, iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2023, il Tribunale ordinario di Cuneo, in composizione collegiale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, per violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione, «nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
- – In ordine alla rilevanza della questione, il Tribunale di Cuneo osserva che per il reato contestato il minimo edittale di pena detentiva applicabile nella specie sarebbe sproporzionato rispetto a un fatto di «scarsa offensività, sia sotto il profilo del valore della merce sottratta (€ 6,19), sia sotto quello della modalità esecutiva della rapina (consistita in due frasi minacciose e una spinta)».
- – In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo ritiene che la denunciata carenza di proporzionalità determini l’irragionevolezza del trattamento sanzionatorio, in violazione dell’art. 3 Cost., al contempo impedendo ad esso di aderire alla concreta gravità del fatto, con ulteriore violazione del principio di personalità della responsabilità penale e della funzione rieducativa della pena, di cui ai commi primo e terzo dell’art. 27 Cost.
- – Il Tribunale di Cuneo sollecita quindi una pronuncia additiva di questa Corte, che introduca anche per la rapina impropria una diminuente per i casi di lieve entità, analogamente a quanto disposto per il reato di estorsione con la sentenza n. 120 del 2023.
- – Il Presidente del Consiglio dei ministri non è intervenuto in giudizio, né vi si sono costituiti gli imputati del giudizio a quo.
- – Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Cuneo, in composizione collegiale, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., «nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
- – Il giudice a quo reputa che il minimo edittale di pena detentiva per la rapina impropria sia sproporzionato rispetto a un fatto di così modesta offensività concreta, il che determinerebbe un vulnus al principio di ragionevolezza sancito dall’art. 3 Cost.
- – Ad avviso del rimettente, sarebbe quindi necessaria una pronuncia additiva che introduca per la rapina impropria una diminuente per i casi di lieve entità, in analogia a quanto disposto per il reato di estorsione dalla sentenza di questa Corte n. 120 del 2023.
- – Il rimettente, attraverso la denuncia di violazione degli artt. 3 e 27, primo e terzo comma, Cost., sottopone a questa Corte una questione che ha ad oggetto, nella sostanza, la sproporzione del trattamento sanzionatorio per il delitto di rapina impropria, per effetto della mancata previsione di una attenuante per il caso in cui il fatto contestato sia di lieve entità.
- – Tanto premesso, la questione è fondata in riferimento a tutti i parametri evocati.
- – Il secondo comma dell’art. 628 cod. pen., descritti gli elementi costitutivi della rapina impropria (chi «adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità»), stabilisce per essa la stessa pena prevista dal primo comma per la rapina propria (chi, «per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene»).
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- – L’appesantimento del trattamento sanzionatorio ora illustrato per la rapina è analogo a quello che ha interessato l’estorsione, reato descritto dall’art. 629, primo comma, cod. pen. come la
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- – Con la sentenza n. 120 del 2023, questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
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- – La ratio decidendi della sentenza n. 120 del 2023 vale anche per la rapina, come prospettato dal rimettente.
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- – Per costante giurisprudenza di legittimità, la rapina si distingue dall’estorsione poiché nell’una la persona offesa subisce una violenza o minaccia «diretta e ineludibile», mentre nell’altra non vi è questo «totale annullamento della capacità del soggetto passivo di determinarsi diversamente dalla volontà dell’agente» (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione seconda penale, sentenze 15 febbraio-17 maggio 2023, n. 21078, e 15 settembre-28 ottobre 2021, n. 38830).
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- – Con la sentenza n. 141 del 2023, questa Corte, pronunciandosi su una fattispecie concreta di incerta sussunzione tra i paradigmi della rapina o dell’estorsione, ha condotto per i due titoli di reato un discorso unitario, in tema di bilanciamento tra circostanze, avuto riguardo al comune elevato minimo edittale di pena detentiva e alla pari latitudine dello schema legale.
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- – Già, dunque, sul piano della comparazione tra il trattamento sanzionatorio previsto per la rapina impropria e quello stabilito per l’estorsione, emerge la violazione dell’art. 3 Cost., non sussistendo ragioni specifiche che valgano a giustificare l’esclusione dell’attenuante di lieve entità del fatto per il reato di cui all’art. 628, secondo comma, cod. pen., ed anzi esistendo i richiamati indici che di tale diminuente impongono l’estensione anche a tale reato.
- – Ma l’esigenza dell’attenuante in questione – in misura non eccedente un terzo, come vuole la regola generale dell’art. 65, primo comma, numero 3), cod. pen. – trova fondamento costituzionale anche nei principi di individualizzazione della pena e di finalità rieducativa della stessa.
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- – Per tutto ciò, deve essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
- – La questione sollevata dal Tribunale di Cuneo ha ad oggetto il trattamento sanzionatorio della rapina impropria e censura il secondo comma dell’art. 628 cod. pen., che disciplina tale species di rapina.
- dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità;
- dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale