Cass. Sez.Un. Sentenza 6 dicembre 2024, n. 31310

Massima “La dichiarazione di accettazione di eredità con beneficio di inventario resa dal legale rappresentante del minore, anche se non seguita dalla redazione dell’inventario, fa acquisire al minore la qualità di erede, rendendo priva di efficacia la rinuncia all’eredità manifestata dallo stesso una volta raggiunta la maggiore età.

Sentenza …omissis… 2. Con ordinanza interlocutoria n. 34852 del 13.12.2023 la Seconda Sezione civile ha rimesso a queste Sezioni unite la decisione del ricorso, per la presenza, con riguardo alla questione giuridica posta dal primo motivo, di soluzioni contrastanti nella giurisprudenza di questa Corte e reputando comunque la questione di particolare importanza. Il tema posto all'esame è così sintetizzato dall'ordinanza: se l'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario fatta dal legale rappresentante del minore, senza la successiva redazione dell'inventario, consenta al minore stesso di rinunciare all'eredità entro l'anno dal raggiungimento della maggiore età o se tale possibilità sia preclusa, potendo egli solo redigere l'inventario nel termine di legge per poter beneficiare della responsabilità per i pesi ereditari nei limiti di quanto ricevuto. In altri termini, posto che a mente dell'art. 471 cod. civ. l'accettazione con beneficio di inventario costituisce l'unica forma di accettazione dell'eredità per i minori e che essa comporta, ai sensi dell'art. 484 cod. civ., il compimento delle operazioni di inventario dei beni caduti in successione, viene chiesto di chiarire se il minore acquisti la qualità di erede fin dal momento della dichiarazione formale di accettazione con beneficio di inventario resa dal suo legale rappresentante, quindi anche nel caso in cui questi non provveda a redigere l'inventario, oppure conservi, in tale eventualità, la posizione di chiamato all'eredità, con conseguente facoltà di rinuncia. 3. L'esame della questione richiede la necessaria sintetica ricognizione del quadro normativo di riferimento e degli approdi giurisprudenziali sui temi connessi più rilevanti. La disamina non può che partire dall'art. 471 cod. civ., secondo cui per i minori e per gli interdetti l'eredità deve essere accettata con beneficio di inventario. L'espressione è intesa nel senso che tale forma di accettazione è la sola consentita dalla legge per gli incapaci. La prescrizione è considerata, in giurisprudenza e dalla dottrina, di ordine pubblico, rispondendo all'interesse generale di non esporre il minore al rischio di depauperamento del proprio patrimonio a causa di debiti altrui. La disposizione comporta, secondo la prevalente dottrina, l'invalidità, sotto specie di nullità per violazione di norma imperativa (art. 1418 cod. civ.), di una dichiarazione del legale rappresentante del minore di accettazione dell'eredità pura e semplice, cioè non accompagnata dalla volontà di avvalersi del beneficio, e, certamente, l'inidoneità delle forme di accettazione tacita a far acquisire la qualità di erede al minore, che rimane nella situazione di chiamato, non rientrando tali forme di accettazione tra i poteri del legale rappresentante (Cass. n. 15267 del 2019; Cass. n. 21456 del 2017; Cass. n. 2276 del 1995; Cass. n. 1267 del 1986; Cass. n. 162 del 1962). Va tenuto conto, inoltre, che l'accettazione beneficiata richiede la forma scritta ad substantiam, ai sensi dell'art. 484 cod. civ., ed è soggetta a trascrizione. L'ordinamento non prevede forme o strumenti diversi dalla dichiarazione espressa per conseguire gli effetti del beneficio. L'argomento è altresì valido per escludere la tesi, pure avanzata in passato in dottrina, secondo cui il minore acquisterebbe il beneficio ope legis, cioè per il solo fatto del suo stato, a seguito di accettazione da parte del suo legale rappresentante, anche se non espressa nella forma beneficiata. Naturalmente rimane ferma la facoltà del legale rappresentante del minore di rinunciare all'eredità. Per l'eredità devoluta al minore l'alternativa rimane fissata tra l'accettazione con beneficio di inventario e la rinuncia. L'una e l'altra debbono essere autorizzate dal giudice tutelare (art. 320, comma 3, cod. civ.). Il diritto di accettazione è soggetto a prescrizione, che decorre anche nei confronti del minore, come si desume dall'art. 2942, comma 1, n. 1), cod. civ. L'art. 484 cod. civ. prescrive che l'accettazione beneficiata si fa mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere del Tribunale ed è inserita nel registro delle successioni e trascritta presso il registro immobiliare. La stessa disposizione precisa che l'accettazione deve essere seguita o preceduta dall'inventario, da farsi secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile (art. 769 e segg.). La norma va intesa nel senso che in tanto l'erede può avvalersi del beneficio, che gli consente di soddisfare i creditori ed i legatari nei limiti del valore della eredità ricevuta (art. 490 cod. civ.), in quanto vengano svolte le operazioni di inventario. La disposizione risponde ad una logica interna e ad una esigenza di chiarezza dei rapporti giuridici, in quanto la stessa separazione patrimoniale tra beni propri e beni ereditati presuppone, per poter operare, l'identificazione materiale di questi ultimi e, al fine di evitare incertezze, che essa si svolga in tempi celeri e secondo forme idonee ad assicurare la correttezza delle operazioni. Gli artt. 485 e 487 cod. civ. disciplinano l'obbligo di redigere l'inventario a seconda che il chiamato sia o meno nel possesso dei beni, disponendo che, se l'inventario non è compiuto nel termine di tre mesi, decorrente dal giorno dell'apertura della successione nel primo caso e dalla dichiarazione di accettazione beneficiata nel secondo, "il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice". La relativa disciplina non è modulata soltanto in base alla situazione in cui il chiamato si trova rispetto ai beni ereditari, ma anche in base alla sua condizione soggettiva. Dispone l'art. 489 cod. civ. che i minori (gli interdetti e gli inabilitati) non si intendono decaduti dal beneficio di inventario se non al compimento di un anno dalla maggiore età (ovvero dalla cessazione dello stato di incapacità), quando, "entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione". La disposizione introduce una proroga al termine di esecuzione dell'inventario, in quanto consente al minore divenuto maggiorenne di usufruire del beneficio compiendo, entro l'anno, le relative operazioni e altresì di accettare l'eredità con beneficio di inventario nel caso in cui il suo rappresentante sia rimasto inerte ovvero abbia posto in essere una accettazione nulla o inefficace. Da tale disposizione discende, per giurisprudenza costante, che, con riguardo alla eredità del minore, non trova applicazione la disciplina degli artt. 485 e 487 sopra richiamati, che impongono la redazione dell'inventario entro il termine di tre mesi. Di conseguenza, se il legale rappresentante fa l'accettazione ma non compie l'inventario entro il termine previsto da tali articoli, giammai il minore potrà essere considerato erede puro e semplice, cioè erede senza beneficio. La disposizione di cui all'art. 489 cod. civ. è una estensione del principio posto dall'art. 471 cod. civ., da cui emerge che la condizione dell'erede minorenne non può essere mai quella di erede puro e semplice e che, per tutta la durata della minore età, non può verificarsi la decadenza dal beneficio. 4. Una delle maggiori questioni che si è posta sul piano sistematico riguarda la configurazione del rapporto tra la dichiarazione di accettazione con beneficio e l'inventario. Non v'è dubbio che la dichiarazione di accettazione con beneficio esprime la volontà del dichiarante di accettare l'eredità e, quindi, di diventare erede. È sufficiente al riguardo richiamare l'art. 459 cod. civ., secondo cui l'eredità si acquista con l'accettazione, ed il successivo art. 470 cod. civ., che indica in essa una delle due modalità di accettazione, quanto agli effetti, consentita dalla legge. È un dato acquisito, pertanto, che nella relativa dichiarazione l'intenzione di avvalersi della limitazione di responsabilità non introduce una condizione sospensiva dell'efficacia della accettazione, né un requisito del negozio di accettazione, come pure sostenuto in passato da una dottrina minoritaria, basata sul tenore letterale dell'art. 955 cod. civ. del 1865. La dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario non subordina quindi la volontà di succedere nel patrimonio del de cuius alla condizione che il dichiarante consegua il risultato di tenere distinto il patrimonio del defunto dal proprio. Il chiamato all'eredità che è nel possesso dei beni ovvero che, non trovandosi in tale situazione, dichiara di accettare l'eredità con beneficio di inventario rimane erede anche nel caso in cui non ottenga il beneficio, a causa dell'omessa redazione dell'inventario o della decadenza comminata dalla legge. Nel primo caso gli artt. 485, 487 cod. civ. sono univoci nel loro tenore letterale nello stabilire che il chiamato, se l'inventario non è redatto nel termine di tre mesi, "è considerato erede puro e semplice"; nell'ipotesi di decadenza gli artt. 493, 494 e 505 cod. civ. chiariscono che ad essere caducato è solo il beneficio. La volontà di avvalersi di quest'ultimo va dichiarata al momento dell'accettazione, non essendo consentita la formulazione sul punto di diverse manifestazioni di volontà nel corso del tempo. Vale in proposito il principio della irrevocabilità della accettazione. Anche a seguire la tesi, sostenuta da parte della dottrina, secondo cui nella fattispecie si rinvengono due tipi di dichiarazione, ossia l'accettazione della eredità e la volontà di avvalersi del beneficio, il relativo contenuto è indivisibile. L'inventario consiste invece in operazioni materiali. Proprio per questo la legge manifesta sostanziale indifferenza in ordine alla persona che lo pone in essere, consentendo che a richiedere l'inventario possano essere soggetti diversi dall'erede (art. 769 cod. proc. civ.), tra i quali vanno annoverati i presunti eredi ed i creditori. Ciò che interessa è invece la sua esecuzione materiale, sicché l'erede usufruisce del beneficio anche se l'inventario è compiuto a cura di altri. 5. La relazione tra dichiarazione di accettazione beneficiata ed inventario è stata ricostruita in modo diverso sia in giurisprudenza che in dottrina, nel tentativo di identificare ed attribuire un preciso significato, anche dal punto di vista sistematico, alla locuzione normativa secondo cui, trascorso il termine previsto senza la redazione dell'inventario, " il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice " (art. 485, comma 2, cod. civ.). Possono al riguardo rinvenirsi nella giurisprudenza due diverse posizioni, succedutesi nel tempo. Secondo la prima, l'accettazione e l'inventario sarebbero due atti distinti e la dichiarazione di accettazione sarebbe di per sé sufficiente a far acquisire il beneficio, sia pure in via provvisoria, consolidando i suoi effetti in forza della redazione dell'inventario nel termine prescritto, salvo farli cessare in caso di omissione (Cass. n. 3842 del 1995; Cass. n. 11084 del 1993; Cass. n. 2198 del 1987; Cass. n. 329 del 1977). La redazione dell'inventario sarebbe pertanto assimilabile ad un onere ed il suo mancato adempimento costituirebbe una causa di decadenza dal beneficio. Questo orientamento, fatto proprio dalla giurisprudenza meno recente, è stato poi abbandonato in favore della soluzione che ravvisa nell'art. 484 cod. civ. una " fattispecie a formazione progressiva ", per la cui realizzazione i due adempimenti della dichiarazione e dell'inventario sono indispensabili per acquisire l'effetto della limitazione di responsabilità ovvero della separazione dei patrimoni. Secondo questo indirizzo, inaugurato dalla sentenza n. 11030 del 2003 e che può oggi definirsi dominante, " la dichiarazione, di per sé, ha bensì una propria immediata efficacia, poiché comporta il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato e quindi il suo subentro in universum ius defuncti, compresi i debiti del de cuius, ma non incide sulla limitazione della relativa responsabilità intra vires hereditatis, che è condizionata (anche) alla persistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario, mancando il quale l'accettante " è considerato erede puro e semplice " (art. 485, 487 e 488 cod. civ.), non perché abbia perduto ex post il beneficio, ma perché non lo ha mai conseguito " (così la citata sentenza n. 11030 del 2003; nello stesso senso: Cass. n. 16739 del 2005; Cass. n. 16514 del 2015; Cass. n. 9099 del 2018; Cass. n. 7477 del 2018). Una parte della dottrina configura la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario e la redazione dell'inventario come un procedimento di diritto privato, sia pure privo di un ordine fisso, nel senso che l'inventario può seguire la dichiarazione o precederla. Secondo tale teoria soltanto con il completamento del procedimento si produrrebbe l'effetto della limitazione di responsabilità per l'erede, che altrimenti resterebbe escluso. 6. Merita infine accennare, perché se ne farà riferimento oltre, alla disposizione di cui all'art. 473 cod. civ., che, con formula mutuata dalla disciplina per i soggetti incapaci, stabilisce che l'accettazione dell'eredità da parte delle persone giuridiche ed associazioni (escluse le società), non può avvenire se non con beneficio di inventario. La norma è interpretata nel senso che la mancata redazione dell'inventario impedisce all'ente di succedere. Con riguardo agli enti morali, quindi, il mancato perfezionamento della fattispecie della accettazione beneficiata, per omessa redazione dell'inventario nei termini e modi previsti dalla legge, comporta che l'ente chiamato non acquisti la qualità di erede (Cass. n. 9514 del 2017; Cass. n. 19598 del 2004; Cass. n. 2617 del 1979). 7. La questione se il minore, divenuto maggiorenne, e quindi acquisita la capacità di disporre, possa rinunciare all'eredità accettata con beneficio dal proprio legale rappresentante nel caso in cui questi non abbia provveduto alla redazione dell'inventario, ha ricevuto soluzioni contrastanti nella giurisprudenza di questa Corte, come segnalato dalla ordinanza interlocutoria. Secondo un primo orientamento, che può ricondursi alla sentenza della Seconda Sezione n. 4561 dell'11.7.1988, il minore, nel caso prospettato, rimane nella condizione di chiamato all'eredità e quindi, raggiunta la maggiore età, è nella pienezza della potestà di decidere se accettare l'eredità oppure rinunziarvi. La conclusione è argomentata dal rilievo che la disposizione dettata dall'art. 485, comma 2, cod. civ., secondo cui l'erede che abbia accettato con beneficio ma non abbia compiuto l'inventario entro il termine di tre mesi, è considerato erede puro e semplice, non è applicabile nell'ipotesi di eredità devoluta al minore. L'art. 489 cod. civ. stabilisce, infatti, che i minori "non si intendono decaduti dal beneficio di d'inventario, se non al compimento di un anno dalla maggiore età..., qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione ", ovvero, per l'aspetto che qui interessa, non abbiano compiuto l'inventario. Nel caso in cui il legale rappresentante del minore accetti l'eredità, nella forma beneficiata, ma non rediga l'inventario, il minore non può, pertanto, essere considerato erede puro e semplice. Poiché, tuttavia, l'assenza dell'inventario impedisce al minore anche di assumere la qualità di erede beneficiato, la conseguenza non può che essere quella di mantenerlo nella condizione originaria di chiamato. Il principio formulato dalla sentenza m. 4561 del 1988 è stato riaffermato dalla Sezione tributaria di questa Corte, con orientamento uniforme, senza esposizione o aggiunta di motivazioni ulteriori (Cass. n. 25666 del 2008; Cass. n. 22712 del 2009; Cass. n. 5211 del 2011; Cass. n. 24931 del 2016; Cass. n. 841 del 2014). Risulta inoltre seguito dalla sentenza della Seconda Sezione n. 9648 del 2000, che ha ritenuto valida la rinuncia all'eredità fatta dal minore una volta raggiunta la maggiore età pur in presenza di una precedente accettazione con beneficio ed ha ribadito l'inoperatività, per il minore, del meccanismo previsto dall'art. 485 cod. civ. nel caso in cui l'accettante non proceda all'inventario nel termine prescritto. Si ispira a tale indirizzo anche la sentenza della Seconda Sezione n. 29665 del 16. 11.2018, che, richiamando il principio sopra esposto, ha ritenuto priva di effetto la rinuncia all'eredità del minore divenuto maggiorenne non per il motivo che vi era stata una accettazione beneficiata da parte del legale rappresentante, ma in forza del rilievo che, nel caso esaminato, l'inventario era stato eseguito. Non costituisce invece un precedente in termini la sentenza di questa Corte n. 9514 del 2017, citata dai ricorrenti, che tratta della diversa questione della mancanza dell'inventario nel caso di eredità devoluta alle persone giuridiche (art. 473 cod. civ.). Il diverso orientamento è seguito dalle sentenze di questa Corte n. 15267 del 2019, n. 8832 del 1999, n. 2276 del 1995, n. 8034 del 1993 ed è motivato dal rilievo che la posizione del minore, una volta che l'eredità a suo favore sia stata debitamente accettata con beneficio di inventario, è disciplinata dalla norma, di carattere speciale, dettata dall'art. 489 cod. civ., secondo cui la decadenza a suo carico si verifica soltanto se nell'anno successivo al raggiungimento della maggiore età non sia redatto l'inventario. Il minore divenuto maggiorenne, nell'ipotesi considerata, non può rinunciare all'eredità, risultando essa già accettata in suo nome dal legale rappresentante, ma può solo procedere all'inventario, la cui omissione comporta che egli debba essere considerato erede puro e semplice. Infatti, l'art. 489 cod. civ., che consente ai minori, entro il compimento di un anno dalla maggiore età, di conformarsi alle norme sul beneficio di inventario e perciò, tra l'altro, di compiere l'inventario, commina, nel caso di inosservanza delle norme suddette, non già la nullità dell'accettazione con conseguente perdita della qualità di erede, ma la mera decadenza dal beneficio. L'inapplicabilità dell'art. 485 cod. civ. nei confronti del minore discenderebbe, pertanto, non già dalla impossibilità di configurare nei suoi confronti una responsabilità ultra vires, ma perché tale disposizione è derogata, per i minori, dalla norma speciale dettata dall'art. 489 cod. civ. 8. Merita di essere qui confermato, in adesione alle motivate conclusioni del Procuratore Generale, l'indirizzo interpretativo che riconosce al minore la qualità di erede, per effetto della dichiarazione di accettazione del suo legale rappresentante, anche se non accompagnata dall'inventario, e nega per l'effetto la facoltà di una valida rinuncia successiva. La ragione principale risiede nel rilievo, del tutto pacifico, che l'accettazione beneficiata è sempre accettazione dell'eredità, esprimendo la relativa dichiarazione la volontà del chiamato di succedere nel patrimonio del defunto. Come già detto, la legge ripudia l'idea che l'intenzione di avvalersi del beneficio di inventario possa essere trattata alla stregua di una condizione sospensiva dell'accettazione, tale da esprimere la volontà del dichiarante di essere erede solo se risponderà dei debiti del de cuius nei limiti del valore dei beni ricevuti. L'accettazione con beneficio d'inventario comporta, pertanto, l'acquisto della qualità di erede. Gli art. 485 e seguenti cod. civ. disciplinano le condizioni ed i casi in cui può ottenersi o meno il beneficio, ma non si interessano della condizione di erede, che danno per acquisita. È noto, inoltre, che il negozio di accettazione dell'eredità è irretrattabile: chi accetta l'eredità l'acquista in modo definitivo, non essendo la relativa dichiarazione revocabile, in base al principio " semel heres semper heres " (Cass. n. 1735 del 2024; Cass. n. 15663 del 2020). In applicazione di tale regola deve escludersi che, ad accettazione dell'eredità avvenuta da parte del legale rappresentante del minore, nella forma beneficiata come richiesto dalla legge, il minore stesso possa essere considerato, fino ad un anno dopo il compimento della maggiore età, mero chiamato all'eredità e non erede, e che gli sia concessa la facoltà di rinuncia, come se la dichiarazione di accettazione beneficiata del suo legale rappresentante non fosse mai stata resa, in base ad una non consentita equiparazione tra la dichiarazione di accettazione beneficiata non seguita dall'inventario e l'accettazione pura e semplice fatta dal legale rappresentante del minore. La dichiarazione di accettazione ai sensi dell'art. 484 cod. civ., al contrario, in quanto accettazione dell'eredità, è atto idoneo e sufficiente a far acquistare al rappresentato la qualità di erede. Secondo lo schema legale, il rappresentante del minore può rinunciare o accettare l'eredità, nella forma beneficiata. Se accetta, il minore è erede. L'art. 489 cod. civ. è il logico sviluppo di questo presupposto. La disposizione stabilisce che il minore non decade dal beneficio di inventario se, entro un anno dal compimento della maggiore età, si conforma alle norme in materia, cioè provvede a redigere l'inventario ed osserva i relativi obblighi. La previsione normativa presuppone che l'inventario non sia stato eseguito. In caso contrario, la concessione di un termine per porlo in essere non avrebbe senso, risolvendosi nell'obbligo di ripetere un adempimento già realizzato (Cass. n. 9142 del 1993). Né tale necessità sussisterebbe nel caso in cui l'inventario fosse stato eseguito dal legale rappresentante al di là del termine fissato dall'art. 485 cod. civ., essendo pacifico in giurisprudenza che tale ultima disposizione non si applica con riguardo all'eredità del minore. L'art. 489 cod. civ. appare riferirsi sicuramente anche al caso in cui il legale rappresentante del minore abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario, ma non lo abbia eseguito. Tale inadempimento, per volontà della legge, non è causa di impedimento al prodursi degli effetti del beneficio, ripugnando alla legge che il minore sia destinatario di una eredità dannosa ovvero, per usare le parole della legge, si trovi nella posizione di erede puro e semplice. Lo strumento attraverso cui la legge persegue tale risultato, è, sostanzialmente, la sterilizzazione del termine per la redazione dell'inventario durante il periodo della minore età e l'allungamento ad un anno, dal raggiungimento della maggiore età, per predisporlo. In caso vi provveda, egli usufruirà del beneficio che limita la sua responsabilità, in caso contrario sarà considerato erede puro e semplice, essendo ogni ostacolo a considerarlo tale superato dal raggiungimento della maggiore età. Correttamente l'inoperatività nei confronti del minore della disposizione di cui all'art. 485 cod. civ. è stata motivata in ragione della deroga che, con riguardo al tempo dell'inventario, risulta introdotta dall'art. 489 cod. civ. Appare coerente con tali premesse il mancato riferimento, in quest'ultima disposizione, alla possibilità per il minore, una volta raggiunta la maggiore età, in caso di mancata redazione dell'inventario, di rinunciare all'eredità. La citata disposizione prospetta i possibili epiloghi, in termini alternativi, esclusivamente sul piano della responsabilità per i debiti ereditari, senza interessarsi e quindi incidere sulla sua condizione di erede, che dà per acquisita in forza della precedente accettazione fatta dal suo legale rappresentante. Parlando la norma di decadenza dal beneficio, essa fa intendere che l'incapace è già erede. Lo spettro di efficacia dell'art. 489 cod. civ. è, pertanto, limitato al termine per conseguire il beneficio, non al termine per accettare o rinunziare all'eredità. Non condivisibile appare, perciò, l'argomento prospettato dall'orientamento qui disatteso, secondo cui non potendo il minore, per la regola generale accolta dall'ordinamento, essere erede puro e semplice e non potendo, in mancanza di inventario, considerarsi erede beneficiato, l'unica conclusione possibile sarebbe quella di riconoscergli la posizione di mero chiamato all'eredità. Tale tesi non considera che il termine per l'inventario è prorogato fino ad un anno dalla maggiore età e che la legge ripropone, con riguardo ad esso, l'alternativa tra erede puro e semplice ed erede beneficiato, secondo il meccanismo già utilizzato dall'art. 485 cod. civ. La differenza tra l'art. 485 e 489 cod. civ. va pertanto ravvisata, per il tema che qui interessa, esclusivamente nel termine per la redazione dell'inventario, che, con una disposizione di indubbio favore, è prorogato per i minori fino ad un anno della maggiore età. 9. L'indirizzo favorevole a riconoscere che il minore, in caso di accettazione non accompagnata dall'inventario, conservi la posizione di chiamato, con conseguente facoltà di rinunciare successivamente all'eredità, potrebbe fondarsi anche sulla considerazione che, essendo per i minori l'accettazione con beneficio di inventario obbligatoria, anzi l'unica forma di accettazione prevista dalla legge, ai fini del suo perfezionarsi dovrebbero intervenire entrambi gli elementi richiesti dalla fattispecie per il conseguimento dei suoi effetti, vale a dire la dichiarazione di accettazione e l'inventario. La dichiarazione di accettazione beneficiata, disgiunta dalle operazioni di inventario, non comporterebbe, pertanto, l'immediata adizione dell'eredità. L'art. 489 cod. civ., in questa prospettiva, andrebbe letto nel senso che esso intende conferire al minore, divenuto maggiorenne, la possibilità di riappropriarsi pienamente, nonostante l'accettazione del proprio rappresentante, della facoltà di prendere ogni decisione relativa ai suoi diritti successori, potendo fare l'inventario entro un anno, ma anche rinunciare all'eredità. L'argomento troverebbe conferma nella disposizione di cui all'art. 473 cod. civ., sulla devoluzione all'eredità alle persone giuridiche, atteso che tale norma, letta in modo condiviso nel senso di negare la qualità di erede all'ente in caso di mancanza di inventario, usa una formula identica a quella impiegata dall'art. 471 cod. civ. per gli incapaci. Queste considerazioni non meritano di essere condivise. In contrario, può osservarsi che, per quanto gli artt. 471 e 473 cod. civ. impongano per i minori e gli incapaci, il primo, e per i corpi morali, il secondo, l'accettazione nella forma beneficiata, la differenza tra le due situazioni rimane nettamente diversa e non appare giustificare sovrapposizioni di disciplina. La condizione che impedisce agli enti morali di accettare l'eredità ultra vires, infatti, è considerata dalla legge insita nella loro condizione o natura, è quindi definitiva, nel senso che non è superabile; per gli incapaci si tratta invece di una condizione temporanea, essendo destinata a cessare, per i minori, al raggiungimento della maggiore età e, per gli interdetti, al cessare dello stato di interdizione o d'inabilitazione, come si esprime lo stesso art. 489 cod. civ. La stessa premessa che la legge regolerebbe le due situazioni in modo identico non tiene conto che la disciplina sulla successione del minore non è regolata solo dal principio posto dall'art. 471 cod. civ., ma anche dalla disposizione di cui al successivo art. 489. La differenza si riflette anche nell'atteggiarsi dell'obbligo di redazione dell'inventario. Per gli enti morali non vi è ragione di escludere la disciplina posta dall'art. 485 cod. civ. con riguardo al termine entro cui l'inventario deve essere redatto. Per gli incapaci opera il diverso termine previsto dalla norma speciale e non vi sono ragioni sostanziali per escludere che, raggiunta la maggiore età, la mancata redazione dell'inventario determini la loro piena responsabilità patrimoniale. 10. A sostegno della conclusione accolta sono rinvenibili ulteriori argomenti. Una prima conferma può trarsi dalla previsione dell'art. 320, comma 3, cod. civ., che sottopone l'accettazione dell'eredità del minore alla autorizzazione del giudice tutelare. Come dedotto nella sua requisitoria dal Procuratore Generale, la necessità della preventiva autorizzazione implica che la legge riconosce all'atto di accettazione beneficiata, compiuto dal legale rappresentante, effetti nella sfera giuridica del minore, effetti che non si vede possano essere diversi da quello dell'acquisto della qualità di erede. In senso analogo l'osservazione va estesa alla disposizione di cui all'art. 484 cod. civ., che prevede l'inserzione della dichiarazione di accettazione beneficiata, disgiunta dall'inventario, nel registro delle successioni e la sua trascrizione nei registri immobiliari, pur dovendosi dare atto che anche l'inventario, una volta compiuto, è soggetto ad annotazione nel registro. L'onere della trascrizione, pur non avendo essa efficacia costitutiva, presuppone il riconoscimento alla relativa dichiarazione di un autonomo effetto ai fini della pubblicità, il quale, anche in questo caso, non può che identificarsi nella accettazione dell'eredità. La tesi qui disattesa non sembra poi considerare che, una volta compiuta l'accettazione beneficiata, l'inventario può essere richiesto ed eseguito anche da soggetti diversi, a ciò legittimati dall'art. 769 cod. proc. civ.. Ciò comporterebbe che l'acquisto della qualità di erede, non già l'acquisizione del beneficio, dipenderebbe non da condotte del legale rappresentante del minore, ma da condotte altrui, che rileverebbero sulla condizione del minore, mutandola da semplice chiamato ad erede, conclusione difficilmente accettabile in base ai principi generali in tema di successione, che fanno dipendere la condizione di erede dalla volontà del chiamato. Va inoltre osservato che, in base all'art. 487, comma 1, cod. civ., secondo l'interpretazione corrente, la prescrizione del diritto di accettare l'eredità è impedita dall'atto di accettazione con beneficio di inventario, senza necessità che entro il termine prescrizionale l'inventario sia compiuto. Questa conclusione è coerente con l'affermazione che la dichiarazione di accettazione beneficiata disgiunta dall'inventario vale come accettazione dell'eredità. Per contro, la tesi che il minore, nonostante l'accettazione beneficiata, rimanga nella condizione di chiamato se l'inventario non è eseguito, mal si concilia con l'effetto che la disposizione considerata attribuisce, ai fini della prescrizione, alla suddetta dichiarazione. La conseguenza potrebbe essere quella di non riconoscere alcun effetto alla dichiarazione del legale rappresentante, esponendo così il minore al rischio di vedere estinto il proprio diritto di accettare l'eredità per prescrizione, la quale non è sospesa nei suoi confronti, ai sensi dell'art. 2942, comma 1 n. 1), c.c., tranne i casi in cui il rappresentante si trovi in conflitto di interessi (Cass. n. 12490 del 2012; Cass. n. 2211 del 2007). La tesi qui disattesa, nel disconosce valore di accettazione alla dichiarazione del legale rappresentante, se potrebbe produrre in casi particolari effetti favorevoli per il minore (la sentenza n. 4561 del 1988 utilizza gli argomenti sopra esposti per escludere l'estensione della dichiarazione di fallimento al minore e ad analoghi risultati vantaggiosi perviene la giurisprudenza tributaria, chiamata a pronunciarsi sulla decorrenza dell'obbligo di presentare la denuncia di successione) comporterebbe un generale svantaggio sul versante, di particolare rilevanza pratica, della prescrizione del diritto di accettare l'eredità, in contrasto con la chiara intenzione del codice civile di dettare una disciplina di accentuato favore per i minori chiamati a succedere. Nello stesso ordine di idee, analoghe criticità si presentano nel caso di esercizio, da parte dei terzi interessati, della c.d. actio interrogatoria prevista dall'art. 481 cod. civ., ritenuta applicabile, dalla giurisprudenza e dalla dottrina, anche nei confronti del minore (Cass. n. 3828 del 1985; Cass. n. 1922 del 1973), potendo la tesi qui disattesa portare alla conseguenza di ritenere, nell'ipotesi considerata, perduto il diritto di accettare l'eredità da parte del minore, al quale non rimarrebbe altra forma di tutela se non quella risarcitoria nei confronti del proprio rappresentante. 11. Non appare esercitare influenza, ai fini della risoluzione della questione proposta dal ricorso, la diversa configurazione della relazione tra dichiarazione di accettazione beneficiata e redazione dell'inventario, di cui si è fatta menzione al precedente punto 5. Il contrasto giurisprudenziale ha interessato esclusivamente l'applicazione, nella controversia tra creditore ed erede, della regola dell'onere della prova della redazione dell'inventario. La soluzione favorevole a ravvisare nel suo mancato adempimento una causa di decadenza del beneficio pone l'onere a carico del creditore, mentre l'indirizzo che inquadra dichiarazione ed inventario in una ipotesi di fattispecie a formazione progressiva lo pone a carico dell'erede. In generale, il contrasto tra i predetti orientamenti si dispiega interamente sul piano del momento in cui si producono gli effetti della limitazione di responsabilità, se dal momento della dichiarazione beneficiata o da quello della redazione dell'inventario, nel caso in cui quest'ultimo non abbia preceduto la prima. Entrambi gli orientamenti non dubitano, invece, che la sola dichiarazione, disgiunta dall'inventario, comporti nei confronti del dichiarante, con effetto immediato, l'acquisto della qualità di erede. Non a caso del resto la stessa sentenza n. 11030 del 2003, che ha inaugurato il nuovo indirizzo giurisprudenziale, ora prevalente, della fattispecie a formazione progressiva, tiene a precisare, al fine di evitare incertezze al riguardo, che " la dichiarazione " di accettazione con beneficio di inventario, "di per sé, ha... una propria immediata efficacia, poiché comporta il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato e quindi il suo subentro in universum ius defuncti, compresi i debito del de cuius", restando in discussione solo la" limitazione della relativa responsabilità intra vires hereditatis, che è condizionata (anche) dalla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell'inventario, mancando il quale l'accettante " è considerato erede puro e semplice""; (nello stesso senso: Cass. n. 16739 del 2005, secondo cui la dichiarazione di accettazione con beneficio d'inventario ha una propria immediata efficacia, determinando il definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato che subentra perciò in " universum ius defuncti"). Non è pertanto condivisibile la tesi che, facendo leva sull'orientamento che ravvisa nell'accettazione con beneficio di inventario una fattispecie a formazione progressiva, sostiene che l'accettante conserva la posizione di chiamato all'eredità fino alla redazione dell'inventario. Siffatta conclusione è altresì negata, in modo evidente, anche dall'indirizzo che ravvisa nella mancata redazione dell'inventario una causa di decadenza del beneficio. Il punto di partenza di questa tesi, che gli effetti della accettazione beneficiata si producono fin dal momento della dichiarazione, salvo il loro venir meno per omessa redazione dell'inventario, implica infatti il riconoscimento della acquisita condizione di erede del dichiarante. Nello stesso ordine di idee si è posta la dottrina che configura la dichiarazione di accettazione beneficiata e l'inventario come procedimento di diritto privato. Si è precisato, in proposito, che nulla porta a concludere che la dichiarazione di accettazione beneficiata sia priva di effetti in mancanza dell'inventario, essendo al contrario proprio la legge a stabilire che in tal caso, se non si verifica l'effetto voluto, cioè la separazione dei patrimoni, si produce comunque l'effetto diverso dell'acquisto dell'eredità. 12. La questione posta dalla ordinanza interlocutoria della Seconda Sezione va quindi risolta nel senso che la dichiarazione di accettazione di eredità con beneficio di inventario resa dal legale rappresentante del minore, anche se non seguita dalla redazione dell'inventario, fa acquisire al minore la qualità di erede, rendendo priva di efficacia la rinuncia all'eredità manifestata dallo stesso una volta raggiunta la maggiore età. …omissis…